È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
a Londra non fui sobrio, mai. e durante peregrinazioni sessuali e sollecitazioni alcoliche, attraversai la nera disperazione meditando sul vizio abissale!
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7 giorni

Ultimo Aggiornamento: 10/11/2008 09:35
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09/11/2008 15:58
 
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riposto per mimmi
7 giorni

1° giorno

Vedo la tua sagoma attraverso la mia pelle. Di profilo non si nota, solo guardando dentro ti si vede.
Sette giorni. Quanti minuti hanno, sette giorni?
È che ogni minuto ti sento affogare nel mio sangue. E vedo l’ago, che aspira e smembra.
Mi costringono a darti altri sette giorni, dicono che servano per riflettere, per maturare la scelta. Dove sarebbe, la possibilità di scegliere?
Non proverò a spiegarti perché non ti voglio.
Prima o poi moriresti comunque, dopo aver versato sangue tuo e lacrime, che non ti farò conoscere. Dopo aver urlato contro chi ti ha costretto alla vita, perso in una corsia d’ospedale chi ami.
Certo, andare in altalena, è molto bello. Sembra di volare; aria e il mondo che cambia ad ogni spinta. Le lacrime sull’altalena sono dolci, è il vento che lava gli occhi.
E abbracciarsi, non avrai mai un abbraccio a consolarti. Ma nemmeno ti legherà a mani che ti hanno ferito, a bocche che ti hanno mentito.
Non saprai mai cos’è la paura.
Io lo so. Tra sette giorni, saprò cos’è il rimorso.


La dottoressa del consultorio è stata gentile, professionale. Una visita inutile, la solita violenza del lattice che mi penetra, il suo sguardo altrove, come se io non ci fossi, come se lei non fosse tra le mie gambe aperte e sollevate, indifesa, esposta fino all’anima.
È durata pochi minuti. Alla scrivania, mentre batteva al computer le impegnative e il referto, i nostri occhi non si sono mai incontrati. I miei persi in un poster sulla diffusione del cancro alla cervice, i suoi fissi sul monitor.
Ho pensato che il cancro fosse meglio. Non avrei avuto responsabilità e colpe.
Poi lo psicologo. Ha parlato a lungo. Ricordo solo che mi ha detto di scrivere questo diario. Non so con chiarezza perché gli sto dando retta. Quando sono uscita, mi ha augurato buona fortuna.

Ma sette giorni, sono l’eternità.



2° giorno

Oggi ti piango.
Non sono nemmeno andata al lavoro. È suonata la sveglia e sono stata inondata dalle lacrime, non riesco a smettere, saranno 2 ore. Il mio viso è gonfio e rosso, sembro una bambina.
Sono un’assassina.
Non ce la farò, come posso consegnarti a un bidone di rifiuti speciali? L’ho visto, in ospedale. Non avrai rispetto, sei solo il mio scarto, un errore, un agglomerato di cellule inermi da smaltire.


Ho chiamato Cristina. Come al solito, è corsa da me.
Non mi ha chiesto perché non le avessi ancora raccontato niente, mi ha abbracciato e si è unita al mio pianto. Saremo state così, in piedi nel mio ingresso minuscolo, lei con il cappotto addosso e la borsa in spalla, a singhiozzare per un quarto d’ora.
Quando le ho fatto notare che il suo cappotto avrebbe avuto bisogno del lavasecco, ci siamo guardate negli occhi e siamo scoppiate a ridere.
Mi ha domandato se Marco lo sa. Non approva la mia scelta di non coinvolgerlo, ma ci siamo lasciati, è partito, e cosa potrei ottenere parlandogliene? Potrei farlo soffrire, ma non cambierebbe nulla per te.
Cristina ti ha chiamato il coso. All’inizio l’ho trovato divertente. Ad un tratto mi è venuto in mente che potresti essere mio figlio. Ho riposto i biscotti sulla mensola e le ho detto che volevo restare sola.


3° giorno

Non ti ho pensato mai, buon segno.
Scusa, magari ti sembrerà un po’ brutale come affermazione, ma cosa puoi aspettarti da una che ha deciso di eliminarti? Umorismo leggermente macabro.
Ho lavorato dieci ore e non ho pensato mai.
Mi sentivo funzionale, come un elettrodomestico quasi nuovo, usato quel tanto che basta per conoscere perfettamente lo scopo di ogni pulsante e levetta e cursore.
Tornata a casa una doccia, vengo in cucina e sul tavolo il diario. Mi è saltato diritto nel cervello, e ha portato te con sé.
Domattina ho la visita anestesiologica. E se non posso affrontare un’anestesia che succede? Mi costringono a proseguire la gravidanza? O mi operano da sveglia?
Cazzate. Sto scrivendo cazzate.
Starei benissimo e non avrei bisogno di nessun dottore, se quell’imbecille di Marco fosse stato più attento.
Marco. Mi mancherebbe da morire, se non fossi furiosa con lui.
Qualcosa di buono c’è nel dover abortire. L’assenza di Marco è diventata un non problema.


4° giorno


Porca miseria ladra, ma sono tutte incinta? Sull’autobus, in negozio, dal fruttivendolo.
E se non sono incinta, spingono una carrozzina, stringono una mano microscopica tra le loro, comprano omogeneizzati al supermercato.
E alla televisione? Solo pubblicità di mamme felici di cucinare per sei persone, di pannoloni così comodi che quasi li proverei ed eliminerei il water, di famiglie tutte baci e abbracci. Film e telefilm pieni di buoni sentimenti, di amore che trionfa contro ogni logica, di possibilità di riscatto, così che tutti possano fare la cosa giusta prima della scritta the end.

Voglio un mondo sterile, cinico. Voglio un mondo che mi assomigli.
Voglio un mondo che mi lasci in pace.

E tu, cosa vuoi da me? Io non sono così sicura che tu voglia qualcosa.
Non credo ti interessi vivere o morire, non conosci la differenza, non conosci nulla.
Sei un coso, come ha detto Cristina.
Ti si può descrivere solo con una serie di negazioni: non pensi, non respiri, non soffri, non immagini, non vedi, non senti, non ami, non piangi, non ridi.
Sei un non.

E allora perché ho questo senso di colpa conficcato tra il cervello e il cuore?




5° giorno


Ha telefonato mia madre. -Tutto bene, tesoro?
La stessa frase, pronunciata con lo stesso tono, da quando vivo lontano da lei. Centinaia di chilometri di distanza. Il minimo indispensabile perché lei possa chiedermi -Tutto bene, tesoro?- sapendo che la risposta potrà essere solo e sempre la stessa:-Certo, mamma, tutto bene.
E’ così. Quando una persona è molto lontana, e la senti al telefono non proprio di frequente, come se i cellulari ancora non esistessero e telefonarsi richiedesse un qualche sforzo una qualche programmazione, le dici sempre che è tutto a posto.

Avrei potuto raccontarle di te. Non so da dove avrei dovuto cominciare. Da Marco, credo.
-Sai mamma, 8 mesi fa ho conosciuto un tizio…
Le avrei dovuto raccontare anche di quanto ho creduto in questa relazione, della convivenza. Magari non sarebbe stata felice di esserne stata tenuta all’oscuro per tutti questi mesi. O forse sì, visto che poi le avrei dovuto dire che se ne è andato.
E finalmente le avrei detto che aspetto un bambino. E che tra 54 ore abortirò.
Quasi la sento e la vedo: un respiro profondo, a purificarsi da una notizia troppo dolorosa per il suo carattere superficiale e ottimista, forse un altro, ancora più prolungato, più rumoroso, sottolineato da un lento movimento artefatto della cassa toracica. Il volto che ritrova quell’espressione tipica delle attricette anni cinquanta, un sorriso accennato e accondiscendente e la sua voce, acuta e mielosa, che dice: quindi andrà di nuovo tutto bene da lunedì, vero tesoro?

Ho fatto bene a tacere.
Mi sento sola.


6° giorno

Ho comprato una scatola in carta fiorentina. È blu, striata in bianco e azzurro. Anche il nastro in raso che serve per chiuderla è blu, lucido e largo.
Ho scelto il blu, perché tu sei un maschio. Saresti. Se ti lasciassi fare.
Cristina dice che un coso non ha sesso, che devo smettere di scrivere questo diario, che personalizzarti mi fa solo soffrire di più. E che magari saresti una femmina, o che potresti odiare il blu. E sarei io quella che ti proietta in un futuro che non avrai…

Torniamo alla scatola. Ci riporrò queste inutili parole, bagnerò ancora questi fogli con le mie lacrime, poi farò un fiocco con il nastro di raso.
C’è un piccolo giardino in fondo alla strada dove abito. È un giardino senza giochi per i bambini, senza panchine. Diciamolo, ci vanno solo cani e gatti. Proprio nell’angolo più nascosto, c’è un arbusto che in primavera si riempie di inflorescenze bianche e profumatissime, sulle quali si incontrano api, farfalle e calabroni. Io lo trovo molto bello. E molto vivo.
Quando tutto sarà finito, regalerò questa scatola a quell’arbusto. O lui a te.
E mi regalerò un luogo dove piangerti, dove pentirmi, dove vergognarmi. Troverò vicino a quei fiorellini bianchi tutto il mio dolore e potrò guardarci dentro ogni volta che ne avrò bisogno.
Ho comprato anche una piccola zappa da giardiniere, voglio fare tutto per bene. Non potrei sopportare che un cane scavando mi rubasse la tua scatola, la seppellirò con cura, scaverò almeno mezzo metro, ma facendo attenzione a non rovinare le radici del tuo arbusto.


7° giorno

Domani.
Non cambierò idea. Non chiamerò Marco, né mia madre. Non mi farò accompagnare nemmeno da Cristina. Sette-otto ore d’ospedale e sarà tutto finito. In fondo non vedo l’ora di farmi addormentare, non sarò io a ucciderti. Io sono solo il mandante.
Non farò nulla di quello che mi ordina il cuore, sarò ragionevole, emancipata, autonoma.
Sarò sola, da domani, per sempre.
Perdonami.














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09/11/2008 16:26
 
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Sarà per Mimmi,ma l'ho letta ed è di una tristezza incredibile...
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09/11/2008 16:34
 
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Re:
(F@bry), 09/11/2008 16.26:

Sarà per Mimmi,ma l'ho letta ed è di una tristezza incredibile...




aspetta...è per mimmi solo perchè mi ha chiesto di postarlo su gasoline, avendolo già messo su n.n.
nessun riferimento a mimmi o a nessun altro.

in effetti, molto allegro non è...
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09/11/2008 18:44
 
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Brava Fra ad averla postata. E' un racconto tristemente bello! E come sempre rinnovo i complimenti per averlo scritto in una maniera così pulita e profonda! Bravissima!
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09/11/2008 20:39
 
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Re: Re:
francesca.38, 09/11/2008 16.34:




aspetta...è per mimmi solo perchè mi ha chiesto di postarlo su gasoline, avendolo già messo su n.n.
nessun riferimento a mimmi o a nessun altro.

in effetti, molto allegro non è...



avevo capito male [SM=g11440] comunque è vero,è scritto benissimo


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10/11/2008 09:34
 
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[SM=g9433]

grazie per aver colto il mio invito.
non poteva non esserci qui.
[Modificato da @Mimmi the Maneater@ 10/11/2008 09:35]
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