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a Londra non fui sobrio, mai. e durante peregrinazioni sessuali e sollecitazioni alcoliche, attraversai la nera disperazione meditando sul vizio abissale!
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Intervista a Marco L.

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2010 12:05
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20/01/2010 12:45
 
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Premessa:

Questa intervista inaugura una serie di incontri del sottoscritto con giovani e meno giovani narratori, tutti chi più o chi meno misconosciuti, scrittori pubblicati o non pubblicati, amici o non amici. Spero possano comunque richiamare il vostro interesse, soprattutto se coltivate, come me, la passione dello scrivere.


Una postilla. Poichè l'iniziativa di queste interviste non è stata ancora concordata con le persone realmente intervistate, mi corrre l'obbligo di nascondere l'effettiva identità dei protagonisti. Almeno per il momento.

MARCO L.


Lo incontro da lui, a casa sua, all'ultimo piano di un palazzo vecchiotto e dalle scale odorose di cantina la cui facciata ma non le finestre dell'appartamento guarda sull'ampio piazzale riservato alle ambulanze facenti capo all'ospedale Sant'Orsola, a Bologna. E' il primo pomeriggio di una domenica freddissima, disertata dai passanti, pregna di desolazione.
Ma il suo quartierino è delizioso. Poco addobbato, candido e tecnologico. Marco è obeso. Dalla sua ampia poltrona muove, grazie a una sorta di pulsantiera, ogni cosa. Apre la porta, aziona il cancello di chiusura , e poi la tivù, lo stereo dalle casse a terra e persino ha la possibilità di operare sulla tastiera del computer, che poi sono addirittura 4, uno in ogni canto della stanza.
Fuma ininterrottamente e questo, il fatto che fumi, mi rassicura enormemente.
Mi chiede:
"Mi trovi grasso, vero?"
E poi aggiunge, senza aspettare una mia replica:
"E dire che mangio pochissimo"
E poi ancora, sosprendentemente:
"Ma questa è la scusa di tutti i grassi"
Annuisco, ma giusto per darmi un contegno. Poi gli chiedo il permesso di utilizzare il registratore. E' d'accordo.
Comincia l'intervista vera e propria.
"E' reperibile qualcosa di tuo?"
"Sì. A patto di cercarlo"
"Che cosa?"
"Valent. Uscì per i tipi della Locanda del Caffè nel 1992. In realtà sono poche le librerie in cui approdò, ma le vendite andarono ugualmente decentemente"
"Sono uno di quelli che l'acquistarono"
"Mi fa davvero piacere"
"E ti piacque?" mi chiede
"Enormemente"
Riprendo il filo:
"Valent è il tuo alter ego. Dico questo non per supposizione, ma perchè ricordo che tu stesso lo affermasti in occasione della presentazione del libro alla sala Centofiori. Il fatto di avere in tal modo dichiarato la tua omosessualità ha comportato qualche problema? Mi spiego. Non nel senso personale, ma in quello di condizionare la chiave di lettura del tuo scritto, nel senso cioè di adombrare altri input, magari da te ritenuti più essenziali"
Sogghigna e replica con verve:
"Ho preso coscienza del mio essere gay in età direi così avanzata. Valent fu scritto nel giro di una settimana su quell'onda emotiva. E' naturale che il tema della diversità del suo protagonista si ergesse a tema dominante. Tuttavia, non mi stancherò mai di ripeterlo, Valent non è un libro di genere. Non è un libro gay rivolto a un pubblico gay. Chi afferma questo, e c'è chi l'ha affermato, o è un omofobo o non vuole capire""
"Personalmente trovo che il grande pregio di Valent risieda nella sua struttura semplice nonchè diretta. Dici di aver scritto il libro in una settimana, eppure la sua impalcatura farebbe pensare a un intenso lavoro di cesello"
"No. Non c'è stato alcun lavoro di cesello, come dici, ma piuttosto un'operazione di cucitura su spunti e abbozzi che per anni ho raccolto e per cosi' dire assorbito. Dopo è stato facile, quasi troppo e talmente da farmi dubitare sull'effettiva pregnanza di ciò che andavo vergando"
"Tornando alle critiche ricevute, c'è ne stata una che ti ha particolarmente ferito? E una costruttiva, da recepire?"
"Non esistono critiche non costruttive. Coloro che hanno creduto di dimensionare Valent alla vieta tematica erotico-omosessuale del sottoproletariato culturale dei circoli libertari mi hanno permesso di chiarificare una volta di più un paio di concetti molto importanti nonchè ben presenti nel mio dibattito interiore e non certo di ieri, concetti incentrati sulla dicotomia creatore - ricettore"
"Ossia?"
"Restando alle problematiche di chi scrive ho potuto sperimentare in presa diretta, vale a dire sulla mia pelle, quanto sia intrinseca a tutto un certo tipo di tematica la sua risonanza semantica. In soldoni e per fare un esempio se io decido di descrivere una scena erotica non saprò mai fin dove essa potrà diciamo così arrivare. L'artefice potrà dosare con minuzia la materia sottoposta al suo tocco, ma non saprà mai prevederne gli eventuali distacchi o filiazioni che siano"
"Argomento questo a te piuttosto caro"
"Bravo. Sai bene quanto ne abbia dibattuto. Ti ricorderai che già all'epoca di Camere separate di Tondelli fui piuttosto critico riguardo la parte erotico-pornografica del romanzo, come il numero speciale di Panres dedicato alla figura di Pier Vittorio credo possa testimoniare"
"Memorabile il tuo intervento"
"Ti ringrazio, eppure mi attirò gli strali di certi compagni di strada che io definirei più integralisti che integrati""
"Tondelli. In che misura ti ha influenzato?"
"La misura non so quantificarla, non mi ci sono mai messo - certo è stato decisivo, soprattutto l'ultimo Tondelli, quello di Camere separate e dei suoi postumi"
"Trovo che si tratti soprattutto di un influsso strutturale, o mi sbaglio?"
"Non sbagli affatto. Anche se occorre intendersi sul significato del termine struttura. Se, come credo si debba, gli si dà il significato di stile, di prosodìa, allora il mio debito nei confronti del direi estremo romanzo di Pier è innegabile"
"Perchè hai sempre decisamente respinto la connotazione autobiografica del tuo scrivere? E non mi riferisco soltanto a Valent, ma anche, per esempio, a Chiari Sapori, che pure è in forma diaristica"
"Quando mai? Non l'ho mai negata, assolutamente. Ciò che ho sempre respinto è la cosiddettà fattualità dei miei scritti, o meglio: il collegamento reale dei fatti. Chiari Sapori racconta la vicenda sentimentale di una ragazza borghese nel ventennio, ma è chiaro che io non sono una donna, nè ho tanto meno un'età che mi consenta di millantare di avere attraversato il ventennio mussoliniano..."
Risata stentorea. Tosse lancinante. Sigaretta e respito profondo.
"Gradisci della musica, da bere?" mi fa.
"Ok entrambe le cose"
Per la musica provvede tramite pulsantiera, per il bere mi servo da solo. Riempio un paio di calici azzurrini con del Porto, la prima bottiglia capitatami sottomano. Si brinda al bello scrivere...
La musica che ha messo è sicuramente di sua composizione, da anni si cimenta con il sequencer. Un misto di Tangerine e Riley.
Gli chiedo se stia lavorando a qualcosa, in questo momento.
"Ho smesso di scrivere. Non per altro che per il banalissimo motivo che la letteratura mi interessa molto meno della musica. Mi definirei un compositore, e concettualmente un minimalista. Ma non si può mai dire, comunque ora come ora non sto scrivendo alcunchè"
"C'è un motivo specifico per questa tua, diciamo, rinuncia, per quanto auspicabilmente temporanea?"
"Non esteriore, non editoriale. La mia letteratura, o meglio ciò che ritengo essere la mia letteratura, non poteva più svilupparsi se non in altro ambito, e ho pensato che quello della musica iterativa potesse fare al mio caso, anche se ne conosco i limiti, e non mi sognerei mai di pubblicarla"
"In effetti la tua letteratura era ed è una letteratura di effetti, ipnotica, onirica"
"Di effetti non direi. Gli effetti presuppongono una ricerca, e io non ho mai lavorato se non alla spontaneità del tratto. Solo lavorando secondo tale direttiva potevo sperare di ricavarmi uno stile"
"Puoi dire di esserci riuscito?"
"Buona domanda. Acuta. Chiaramente no. Non posso dirlo, nessuno può dirlo"
"Sei assoluto"
"E' il mio limite"
Risataccia. Trema la cristalliera.
Non mollo la presa. Riprendo:
"Come, scusa il cattivo termine, catalogheresti i tuoi scritti? Come definiresti il tuo tratto?"
"Psichedelico"
"Dunque non di effetto ma psichedelico"
"Sì, penso di sì"
"Il termine psichedelico mi sembra possa riferirsi alla ritmica delle tue frasi, alla loro iteratività"
"Sì. Psichedelico è un termine dalla connotazione prettamente musicale, viceversa una prosa ad effetto fa pensare alla sorpresa, al fuoco di artificio. In realtà le mie frasi sono iterative perchè rivelano le mie insicurezze. Non sono mai certo della ricezione dei miei diciamo messaggi, per questo tendo a ripetere i concetti fino all'oltre"
"Quindi uno stile che non è cercato, ma è conseguente alla necessità di farsi capire"
"Questo. Sì, hai detto bene"
"Ritieni di esserci riuscito, ti hanno compreso?"
"Non lo so. Non lo posso sapere"
"Ti sento, ti percepisco amaro"
"No. Quello che dovevo scrivere è stato fatto. Quello che potevo scrivere potrei non scriverlo"
"Mai?"
"Mai"


FINE




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Un'intervista molto... umana. Di solito, c'è chi si vela di superbia. L'intervistato è stato molto schietto.
comunque si scrive "input"
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21/01/2010 10:26
 
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Re:
@Mimmi the Maneater@, 21/01/2010 10.01:

Un'intervista molto... umana. Di solito, c'è chi si vela di superbia. L'intervistato è stato molto schietto.
comunque si scrive "input"




grazie Mimmi ma non è finita l'intervista
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22/01/2010 11:43
 
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Restando alle problematiche di chi scrive ho potuto sperimentare in presa diretta, vale a dire sulla mia pelle, quanto sia intrinseca a tutto un certo tipo di tematica la sua risonanza semantica. In soldoni e per fare un esempio se io decido di descrivere una scena erotica non saprò mai fin dove essa potrà diciamo così arrivare. L'artefice potrà dosare con minuzia la materia sottoposta al suo tocco, ma non saprà mai prevederne gli eventuali distacchi o filiazioni che siano"

scusate la citazione eterna, ma non sapevo come altro fare...

quello che intende è che non sa come verrà letto ciò che ha scritto?
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22/01/2010 11:50
 
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Re:
francesca.38, 22/01/2010 11.43:

Restando alle problematiche di chi scrive ho potuto sperimentare in presa diretta, vale a dire sulla mia pelle, quanto sia intrinseca a tutto un certo tipo di tematica la sua risonanza semantica. In soldoni e per fare un esempio se io decido di descrivere una scena erotica non saprò mai fin dove essa potrà diciamo così arrivare. L'artefice potrà dosare con minuzia la materia sottoposta al suo tocco, ma non saprà mai prevederne gli eventuali distacchi o filiazioni che siano"

scusate la citazione eterna, ma non sapevo come altro fare...

quello che intende è che non sa come verrà letto ciò che ha scritto?




sì. soprattutto per certi temi "forti"
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22/01/2010 12:52
 
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ho iniziato a studiare i modelli comunicativi
argomento interessante, anche molto teorico in alcuni aspetti
la teoria attualmente non ritiene possibile eliminare le letture non coincidenti con quella dell'autore in nessuna forma di comunicazione
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