Pier Paolo Pasolini

fil0diseta
00martedì 3 novembre 2015 09:59
imperdonabile. sono stata indelicata, a 40 anni dalla sua morte, a non mettere in evidenza questa settimana, un testo del grande Pasolini. rimedio immediatamente. riproporrò Federici, per me validissimo autore, la prossima volta


Correvo nel crepuscolo fangoso,
dietro a scali sconvolti, a mute
impalcature, tra rioni bagnati
nell'odore del ferro, degli stracci
riscaldati, che dentro una crosta
di polvere, tra casupole di latta
e scoli, inalzavano pareti
recenti e ormai scrostate, contro un fondo
di stinta metropoli.

Sull'asfalto scalzato, tra i peli di un'erba acre
di escrementi e spianate
nere di fango - che la pioggia scavava
in infetti tepori - le dirotte
file di ciclisti, dei rantolanti
camion di legname, si sperdevano
di tanto in tanto, in centri di sobborghi
dove già qualche bar aveva cerchi
di bianchi lumi, e sotto la liscia
parete di una chiesa si stendevano,
viziosi, i giovani.

Intorno ai grattacieli
popolari, già vecchi, i marci orti
e le fabbriche irte di gru ferme
stagnavano in un febbrile silenzio;
ma un po' fuori dal centro rischiarato,
al fianco di quel silenzio, una strada
blu d'asfalto pareva tutta immersa
in una vita immemore ed intensa
quanto antica. Benché radi, brillavano
i fanali d'una stridula luce,
e le finestre ancora aperte erano
bianche di panni stesi, palpitanti
di voci interne. Alle soglie sedute
stavano le vecchie donne, e limpidi
nelle tute o nei calzoncini quasi
di festa, scherzavano i ragazzi,
ma abbracciati fra loro, con compagne
di loro più precoci.

Tutto era umano,
in quella strada, e gli uomini vi stavano
aggrappati, dai vani al marciapiede,
coi loro stracci, le loro luci...

Sembrava che fino a dentro l'intimo
e miserabile sua abitazione, l'uomo fosse
solo accampato, come un'altra razza,
e attaccato a questo suo rione
dentro il vespro unto e polveroso,
non fosse Stato il suo, ma confusa sosta.

E chi attraversasse quella strada,
spoglio dell'innocente necessità,
perso dai secoli cristiani
che in quella gente si erano persi,
non fosse che un estraneo.

*Questa poesia proviene da: Poesia di Pier Paolo Pasolini - Correvo nel crepuscolo fangoso - Poesie di Pier Paolo Pasolini - Poesie.reportonline.it
Francesca Coppola
00martedì 3 novembre 2015 12:37

ma sai che, inconsapevole dell'anniversario, proprio ieri stavo pensando a Pasolini, con l'intento di rileggermi qualcosina!


fabella
00martedì 3 novembre 2015 15:09
abbiamo tutta la settimana per aggiungere qui cose sue, come preferenze individuali. e rileggerle insieme [SM=g7542] [SM=g7542] [SM=g7542]
Versolibero
00martedì 3 novembre 2015 15:14
infatti mi aspettavo qualcosa di Pasolini ed ero certa che la tua fosse una dimenticanza
- incolpevole dimenticanza, in quanto come si fa a tenere a mente le date? L'importante
è sapere che non è morto - a dispetto di chi lo ha ucciso - e non dimenticare
una figura che ha lasciato il segno di chi è intellettualmente libero e onesto.
cripaf
00venerdì 6 novembre 2015 09:10
E' il coraggio di quest'uomo, la solidità del suo dire a convincermi che val la pena ancora scrivere.


Versi del testamento

La solitudine: bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.
Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;
l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque
la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto,
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere,
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.

da "Transumanar e organizzar" 1971
di P.P.Pasolini
annamaria.giannini
00venerdì 6 novembre 2015 09:19
[SM=g2829700]
fil0diseta
00domenica 8 novembre 2015 20:41
ormedelcaos, 17/07/2007 22:19:





fil0diseta
00domenica 8 novembre 2015 20:43
ormedelcaos, 17/07/2007 22:29:


Francesca Coppola
00giovedì 12 novembre 2015 11:41


scusatemi, se sono in ritardo ma volevo condividere un paio di considerazioni del maestro che melo hanno fatto amare incondizionatamente:



Finché veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri. I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili ed incorruttibili.





Francesca Coppola
00giovedì 12 novembre 2015 11:45


Chi si scandalizza è sempre banale: ma, aggiungo, è anche sempre male informato.







L'Italia – e non solo l'Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: "contaminazioni" tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di "raptus": era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti.



fabella
00giovedì 12 novembre 2015 15:10
Re:
Francesca Coppola, 12/11/2015 11:41:



scusatemi, se sono in ritardo ma volevo condividere un paio di considerazioni del maestro che melo hanno fatto amare incondizionatamente:

[...]




nessun ritardo. ho lasciato ancora lui appositamente. per la sua grandezza
[SM=g7542]
cripaf
00domenica 15 novembre 2015 10:02
Punto di passaggio


Il mezzobusto annunzia il ritrovamento del Gesù di Mantegna
e subito si levano folle di entusiasti. E’ come un sollievo per certuni.
Altri, intendo chi l’ama davvero, piange il poeta tragico a cui infine è scoppiato il cuore.
La partita è appena iniziata che già una mossa a sorpresa ti mette fuori gioco
Cosa mai volevi dire quando parlavi di sviluppo e non di progresso?
Un uomo investito, una fuga in auto, un ragazzo sconosciuto catturato
Autunno 1975: che tempo è?
Chi parla di Salò, perde banalmente come nella tradizione,
Pasolini è solo. Non c’è da aspettarsi giustizia, meno ancora resurrezione
Pasolini non è nemmeno un punto di fronte all’universo città,
il contenitore dei contenitori vuoti ospita un corpo morto,
i piedi in primo piano nell'obitorio più freddo di Roma
la bocca lontana dallo spettatore.

C’era una volta un modo tranquillo di non confondere il potere
bastava vedere chi affondava il bisturi.
Ma si sono presi anche quello. C’è una specie di pudore in questo
difficile da spiegare, ma non è come nei campi di sterminio,
non sempre i Mengele sono così evidenti che basta un cenno di mano:
a destra la vita a sinistra morte.
Chi poteva cominciò in quel punto di storia a nascondersi dietro il velo della pudicizia.
Capì che si era andati oltre, divenne conscio che qualcosa bisognava fare.
Non si può amare la solitudine contro i cassonetti come un eremita il cielo stellato.
Il rischio di confondere Dio e uomo è grande. Ciascuno resti al suo posto.
Se si è cani si rosicano gli ossi,
accontentarsi del non avere fa tutt’uno col desiderio di morte.
Paradossalmente è il collettivo a ungersi di seme
e sentire la fuga come chiodi nelle mani
niente e nessuno è più solo a reclamare la parte di cane.
A passarti sopra non è Pelosi ma la nostra epoca.

Così è polverizzato il tuo san Matteo
Con la stessa facilità è violata l’intimità di Medea.
Anche il più sprovveduto dei criminologhi conosce ogni movimento d’utero.
Diventa scienza esatta ricostruire l’istante del tormento.
Medea non appartiene alla solitudine del delitto
La solitudine che costituisce presenza d’uomo
non ha nessun effetto su questo sbriciolare che la sostituisce.
Che c’è da amare nell’abbraccio di una città che immensamente vuole
e vede tutti e si fa presente nell’animo di ognuno?

Rimane ancora il desiderio inesauribile ed è lì che si comprende il silenzio del corpo
l’estremo moto oltre il salire dei pneumatici sul tuo cuore.

franco\fintipa2



fabella
00giovedì 10 dicembre 2015 00:30


«Ho voluto la mia solitudine
sono senza amore, mentre, barbaro
o miseramente borghese, il mondo è pieno,
pieno d'amore…
e sono qui solo come un animale
senza nome: da nulla consacrato,
non appartenente a nessuno,
libero di una libertà che mi ha massacrato».

Pier Paolo Pasolini
fabella
00mercoledì 17 febbraio 2016 08:48

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