Lynn Picknett: Resurrezione dell'Egitto

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-Kiya-
00venerdì 21 luglio 2006 01:49
Nelle menti di quasi tutte le persone colte, la civiltà attuale come la conosciamo noi, deriva dall'antica Grecia. (...) Le glorie della Grecia erano parte integrante del Gran Turismo Aristocratico, e persino oggi pensiamo a quell'antica cultura come a un'entità così rarefatta e intrinsecamente ammirevole da essere quasi indiscutibile. Eppure questa età dell'oro non scaturì completamente formata dalla mente degli dèi: come ammettevano persino i greci stessi, la loro culura era nata solo grazie alla colonizzazione dei fenici e degli Egiziani intorno al 1500 a.C. - infatti la lingua greca contiene prove evidenti di <<prestiti>> dall'Egiziano, e riferimenti alla terra madre originaria compaiono in parecchie opere teatrali greche.
Si ritiene ancora diffusamente che il regno storico dei faraoni, con le sue eterne meraviglie del mondo antico, le piramidi di Giza, fosse un paese arretrato (che nondimeno riuscì a costruire le piramidi con i mezzi più primitivi), senza nessuna eredità duratura - e una religione alquanto imbarazzante, con la sua patetica enfasi sulla morte e sull'aldilà - anche se influenzò senza dubbio per tanti anni il più manifesto giudaismo con i cherubini simili a Iside e le relative divinità femminili che ornarono il Tempio di Salomone. Infatti, come hanno sottolineato tanti scrittori, il giudaismo ha un debito molto più durevole verso [di loro], poichè è evidente che, quando Jahvè diede a Mosè i Dieci Comandamenti, lui avesse letto il Libro Egiziano dei Morti. La formula magica 125 contiene la cosiddetta <<Confessione Negativa>>, cioè la <<Dichiarazione d'innocenza>>, che lo spirito pronuncia post-mortem dinanzi agli dèi nella Sala del Giudizio, e include le parole familiari:

- Non ho commesso falsità;
- Non ho rubato;
- Non ho ucciso uomo;
- Non mi sono comportato male (sessualmente);
- Non ho fatto del male;
- Non ho visto il male;
- Non ho ingiuriato Dio;
- Non ho ricchezze che non siano di mia proprietà;
- Non ho bestemmiato Dio nella mia città.

(...)
Nonostante la scarsa stima per la cultura egiziana, la sua religione nella sua forma più pura quella del clero di Eliopoli, conteneva molti segreti stupefacenti. Il clero di Eliopoli era famoso per cultura e saggezza. I due campi dove raggiunse i massimi risultati furono la medicina e l'astronomia: i suoi sacerdoti portavano il titolo di <<Gran Veggente>>, che si ritiene significhi <<Astronomo capo>>.
(...)
I sacerdoti e le sacerdotesse di Eliopoli consideravano ogni conoscenza (...) donata da Dio. Per loro non c'era alcuna differenza sostanziale tra quello che noi chiameremmo lo studio della magia e lo studio della teologia e della scienza. Tutte le categorie di informazioni si mescolavano fluidamente per la maggiore gloria sia degli uomini che degli dèi. Da questo vorticoso potenziale derivava una grande conoscenza astronomica, che trovò la sua espressione nei Testi delle Piramidi (...), le scritture più antiche sopravvisute nel mondo.
Nella teologia di Eliopoli era centrale la storia della creazione, in cui il primo dio Atum si masturbò raggiungendo un'eiaculazione esplosiva che dede origine alle stelle e ai pianeti. Rigettato per lungo tempo come un mito primitivo agli occhi obbiettivi dei moderni contiene più di un cenno di deduzione intelligente, o addirittura una conscenza segreta.
Il loro sistema cosmologico ha ntevoli parallelismi con la concezione della fisica moderna della creazione e dell'evoluzione dell'universo. Descrive letteralmente il <<Big Bang>>, in cui tutta la materia esplode da un punto di unicità e poi si espande e si dispiega, diventando più complessa via via che forze fondamentali entrano in essere e interagiscono, raggiungendo infine il livello della materia elementare. Il sistema include anche il concetto di universo a più dimensioni, rappresentato dai diversi livelli di creazione e incarnato nelle forme degli dèi.

Ma allora, come si spiega questa fondamentale avversione per l'Egitto?


[continua...]
pizia.
00venerdì 21 luglio 2006 23:48
Cito a memoria da Wilde, "Il ritratto di Dorian Gray":

"...è la rabbia di Calibano che vede la sua immagine riflessa nello specchio"

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