Ogni giorno, in Africa, una zebra si sveglia, ed inizia subito a correre, così, per vedere se è ancora viva…
Queste strane parole continuavano a passare per la testa a Joey, costretto in un inquieto stato di dormiveglia dalla sbronza della notte precedente.
Cia-ciak
Un rumore secco disturbò Joey, che a fatica aprì gli occhi.
“E tu chi cazzo sei?”-fu l’esclamazione che partì dalla stessa direzione da cui era arrivato il rumore pochi secondi prima.
Questa frase fu più convincente del disturbo precedente, e Joey, che aveva realizzato di essere su un divano in una stanza buia, si mise seduto.
La sua vista era annebbiata, ma ciò non gli impedì, seppur con una decina di secondi di ritardo, di adocchiare la sagoma di chi gli parlava: un uomo sui 35 dall’aspetto non troppo rassicurante con un ancora meno consolatorio fucile a pompa stretto tra le mani, prodotto probabilmente dall’affidabile ditta americana Winchester, e soprattutto puntato verso lo strano essere sbronzo sul divano.
La visione di questa figura fece destare definitivamente Joey, che incominciò a sudare più di quanto l’alcool in corpo non potesse fare.
“Vuoi un autografo?”-fu la risposta di Joey. O perlomeno furono le prime parole utili a comporre una frase di senso compiuto a balenargli in testa, una testa che stava sul punto di scoppiare.
“Ho detto: chi sei?”-ribattè l’uomo, evidentemente non soddisfatto della risposta alla sua domanda, in quanto nel riproporla avvicinò la canna dell’arma alla fronte di Joey tanto da fargli percepire il freddo del metallo.
“Ehi, ehi, calmo, amico, calmo”-“Non c’è bisogno di alterarsi per un nonnulla”.
Anche questa risposta non fu soddisfacente, e valse un colpo col calcio del fucile in testa a Joey, che per la botta quasi non tornò nel mondo dei sogni, seppur non ne fosse ancora uscito definitivamente.
L’uomo lo perquisì in cerca di documenti, che non trovò, ma non si fece sfuggire i dollari presenti nel portafogli, il cui proprietario si lamentava semi-incosciente per la poco salutare combinazione sbornia-colpo in testa.
…
“Allora bello, cosa mi dici?”
Una voce decisamente più dolce di quella che aveva svegliato Joey la prima volta interruppe gli strani sogni di Joey, ancora k.o.
Joey aprì gli occhi: era nella stessa stanza di prima, solo che al posto del divano ora c’era un letto, probabilmente era un divano-letto che era stato aperto, e lui era ammanettato… e di fronte a lui c’era una bella ragazza…
“Come ti chiami?”- gli fu chiesto.
Quella vista riportò nei limiti del possibile in forma Joey, che diede nome, cognome e data di nascita, perché in certe situazioni la completezza è tutto.
“Caro, controlla sulla lista!”-disse la ragazza.
Dalla porta entrò l’omaccione di prima con dei fogli in mano…
“No, qui non ci sei.”-disse dopo qualche secondo.
“Eri venuto con qualcuno?”-aggiunse lei.
Joey spremette le meningi, ed ebbe l’illuminazione: per l’ultimo dell’anno, cioè il giorno prima, era andato con alcuni suoi amici ad una festa di “amici di amici di altri amici”, che si teneva proprio in quella casa.
La festa degenerò un po’… l’alcol scorreva, ed eccolo lì.
“Sì, con altri tre… miei amici”
“Ah, ho capito chi sono. Ti hanno lasciato qualcosa.”
A Joey furono tolte le manette, e gli venne dato un biglietto.
“Ciao zozzone, ce ne siamo andati, non ti preoccupare se non trovi la tua carta di credito: ce l’abbiano noi.
P.s. Quando leggerai questo biglietto saremo già a Las Vegas”-lesse Joey a voce alta.
“Bastardi.”-aggiunse in seconda battuta.
“Beh, adesso puoi andare.”
“E le manette? Il fucile?”
“Siamo gente di classe noi. Gli amici dei nostri amici sono anche amici nostri.”
Joey era già confuso di suo, e una frase del genere non lo aiutò di certo.
Nonostante tutto, uscì. Sarà già stato mezzogiorno inoltrato. In Florida anche a gennaio c’è una discreta temperatura, a parte quando ci sono gli uragani. In quei casi un po’ di freschetto effettivamente si sente…
Stava camminando senza meta in cerca di farsi venire qualche idea, fino a quando un ragazzetto magro magro e dall’aria stupida non lo avvicina.
“Sono dell’associazione amici della mitologia greca. Cosa pensa lei della letteratura ellenica?”
Joey guardava strano il ragazzo. La giornata era davvero surreale, così come lo erano i personaggi che stava incontrando.
Rimase immobile con una faccia da ebete a pensare alla situazione. Solo a lui poteva capitare una cosa simile.
“Allora, cosa mi dice, signore?”
“Eh… Ehm… Ma cosa vuoi che mi interessi? Non sono certo una persona che si interessa di certe cose.”-alla risposta aggiunse anche una spinta, il modo migliore per liquidare il rompipalle.
La spinta fece spostare il ragazzo, liberando la vista dietro di esso. Il giardino di una villetta, con una siepe tagliata a forma di leone.
“Cosa vuol dire tutto questo?”-pensò Joey nella sua mente confusa.
“Ma signore, la letteratura greca è una cosa importante. Dai grandi scritti del passato si può rimediare agli errori del futuro…”
“Ma vai a cagare, va’…”-Joey manteneva il suo ferrato self-control…
Attraversò la strada, fino a quando…
BOOOOOM!!!
Un grosso botto. E le immagini diventarono più confuse di quanto non erano in precedenza.
Era stato investito da un’Alfa 147.
Strano che una macchina così circoli negli Stati Uniti.
“Aho, amico, stai bene? Hai preso una botta TERIBBILE!”
“Oooorg…”-Joey si rialzò a fatica-“Tanto peggio di così…”
“Sicuro di stare bene… sei hai bisogno di qualcosa… Ehi, ma hai origini italiane?”-disse l’automobilista, indicando la maglietta di Joey che si intravedeva sotto la camicia slacciata.
“ITALIAN BY MADE”-recitava il capo d’abbigliamento.
“Siiì…”-Rispose scocciato.
“Anch’io! Sono proprio italiano, romano per la precisione, trasferito qui per lavoro… Senti, non ti vanno due spaghetti all' amatriciana???”
“No.”
“Non sarà per quello che mi dicono tutti? Che sembro un po’ PSICOPATICO? Per gli amici sono Psycho…”
Joey si sentiva in una specie di via di mezzo tra Scherzi a Parte e il Truman Show.
“Ehi, romanaccio!!! Viva la fregna!!!”-Gridò un tizio che passava in auto dal finestrino. Probabilmente conosceva quello strano figuro che aveva investito Joey.
“Senti, non ti disturbare. Me la caverò”-Joey cercava di liquidare il tizio, ei n qualche modo ci riuscì.
Si mise a cercare un taxi. Dopo circa un’oretta la ricerca portò a qualche frutto.
Joey salì come da prassi sul sedile posteriore, e non poté fare a meno di notare la presenza nel veicolo di souvenir egiziani: una piramide di plastica, un pupazzetto di un cammello attaccato allo specchietto retrovisore e uno strano adesivo di uno scorpione.
“Dove la porto?”-disse l’autista.
“All’incrocio tra la 125^ e la 7^.”
“Abita lì?
“Lì vicino.”
“Va bene. Io la porto. Anche se volendo se la poteva fare a piedi.”
“Perché?”
“Non sa che camminare fa bene? E poi sono solo due passi.”
Ed era davvero così. L’alcool fa davvero brutti scherzi.
“Le piacciono gli scorpioni?”
“No, e non mi va di parlare”
“Su, via, non faccia così. Al mio, paese, l’Egitto, sono animali molto rispettati.
“Ma non erano i gatti?”
“I tempi cambiano.”
“Ecco perché scoppiano sempre più guerre…”
“Siamo arrivati.”
“Quant’è?”
“10 dollari.”
“Mischia! E meno male che era vicino.”
Joey si mise la mano in tasca. Il portafogli non c’era.
“Non ho il portafogli… va bene lo stesso se le lascio il mio orologio?”
“Ma è un Rolex… Non dovrei darle la differenza?”
“No. E’ un fac-simile. 10 dollari giusti giusti.
Joey scese dal taxi, entrò in casa e si fece un whiskey.
Meglio ubriacarsi per dimenticare quella giornata assurda.
Si stese sul letto e sognò di incontrare quei bastardi dei suoi amici. Nel sogno li massacrava di botte.
Fu un buon suggerimento per la giornata successiva.
[Modificato da the sandman 27/06/2006 13.22]