L'ira del Cavaliere sui centristi "Dovevate difendere Umberto"

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Breznev
00venerdì 16 giugno 2006 16:50
"Scusa, ma ti rendi conto che significa sparare sulla croce rossa?". Il viaggio di ritorno da Bruxelles a Roma per Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini non è stato esattamente tranquillo. Sul Gulfstream, il piccolo aereo privato del Cavaliere, i volti erano tesi. Ogni parola un colpo. Ogni sguardo una saetta. Il capo dell'Udc aveva chiesto un "passaggio" per tornare in Italia e si è ritrovato un clima da "separati in casa". E il Cavaliere non ha fatto nulla per nascondere il suo fastidio per quella presa di posizione tanto dura dei centristi contro Umberto Bossi: "Davvero come sparare sulla croce rossa".

Eppure i due avevano partecipato insieme al vertice del Ppe nel Castello di Meise e lì tutto era filato liscio. Gli strascichi della politica romana erano rimasti fuori dalla porta. Compresa, appunto, la querelle scatenata dal leader leghista sulle conseguenze della eventuale vittoria del "no" al referendum costituzionale. "Io - raccontava l'ex presidente della Camera - sono venuto qui solo per parlare dell'Internazionale democristiana di cui sono presidente. Mi serviva un aiuto per organizzare delle cose e la Merkel me lo ha dato. Poi non ho parlato d'altro. Solo Berlusconi ha spiegato come sono andate le elezioni da noi. Ha detto le solite cose".

A bordo, però, davanti ai pochi ospiti saliti sul "G5" di Berlusconi, la questione Bossi è esplosa. L'attacco alzo zero del segretario Udc Cesa contro il Senatur non era piaciuto per niente al capo di Forza Italia. Anzi, lo ha infastidito. Come non mai. Casini preferiva evitare la polemica, lo scontro diretto. Ma il viaggio dalla capitale belga a quella italiana è durato più di due ore. Troppo tempo per non affrontare il caso del giorno. E infatti la tensione è calata solo quando i due si sono separati all'aeroporto di Ciampino. "Mi dispiace - ripeteva il leader centrista - ma quelle parole sono inaccettabili".

Per il Cavaliere, però, la difesa dell'"amico Umberto" è quasi una questione di principio. Soprattutto in questa fase e al di là dell'avvicinarsi dell'appuntamento referendario. "Ma lo vedete come sta Bossi? E' possibile che non capite? Non bisognava nemmeno commentare - è sbottato l'ex premier - . Bisognava far passare la cosa e basta. Bisognava capire. Lasciatele alla sinistra quelle reazioni. Loro possono strumentalizzare certe situazioni personali, noi no". E non è stato un caso che anche davanti ai giornalisti, Berlusconi con un tono della voce vibrante e uno sguardo tagliente, abbia preso le difese del suo alleato preferito. "Andate a guardare bene l'intervista in tv, ha troncato la frase a metà. Voleva dire - è la sua interpretazione - che se c'è la vittoria del no, sarà più difficile mettersi a discutere e non assolutamente il ricorso a forme di reazione non previste dalla legge".

Una lettura dei fatti venuta dopo un colloquio con lo stesso Bossi che gli aveva confermato di essere stato male interpretato: "Mi riferivo al mio partito". Insomma, il leader forzista in questo momento non solo blinda l'asse con la Lega che ha caratterizzato i cinque anni di governo, ma è fermissimo nel tutelare il rapporto umano.

Non a caso, anche Alleanza nazionale pur stigmatizzando l'uscita bossiana ha preso la vicenda con le molle. Fini è stato molto cauto. In primo luogo proprio per non esasperare una frase che "forse non voleva nemmeno pronunciare". Eppoi perché l'attenzione del capo di Via della Scrofa verso il nord è andata via via salendo. Soprattutto dopo le ultime elezioni che hanno registrato una netta crescita di An nelle regioni settentrionali: quasi un sorpasso nei confronti di quelle meridionali. Anche se la mobilitazione della Cdl in vista del 25 giugno rimane contenuta (basti pensare che la manifestazione conclusiva della campagna elettorale si terrà a Roma mercoledì prossimo non in una piazza ma in un teatro, il Capranica).

L'attenzione di tutti, di Berlusconi, Fini e Casini, semmai, è puntata su quel che accadrà nel Carroccio dopo il referendum. Perché lo stesso Bossi sta facendo crescere le voci circa una prossima "rivoluzione" all'interno della Lega. La tentazione di "passare il testimone" sta aumentando negli ultimi giorni. Un cambio della guardia per consentire al Carroccio di muoversi in un altro schema, anche a costo di mettere in discussione l'attuale forma-partito della Lega. Ma di certo anche al leader dei Lumbard, le polemiche di questi giorni non sono piaciute. Persino ai suoi fedelissimi ha confessato: "Non volevo dire esattamente quelle cose".


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