Notte

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+cecily+
00lunedì 5 ottobre 2009 16:56
La notte, quelle ore non sembravano finire mai. Quando cercava conforto nel sonno, come se quel momento dovesse per un po' cancellarla dal mondo, e invece ogni risveglio era uno spaventoso catapultarsi in una realtà che non le apparteneva più. Si addormentava tardi trascinando le ore fissando la televisione che trasmetteva qualsiasi cosa a cui lei potesse fingere di interessarsi. Il sonno non le si avvicinava nemmeno, ma ad un certo punto, come fosse una decisione predefinita fumava l'ultima sigaretta vicino al finestrone spalancato che dava sul buio della città, aspirava piano ogni boccata come se fosse l'ultima. Svuotava il posacenere, cercava conforto sotto le coperte, rannicchiata su un fianco, una mano sotto la guancia e l'altra in grembo, un piede appena fuori dalle lenzuola. Chiudeva gli occhi iniziando a pensare, lasciava libera la mente di portarla dove desiderasse, talvolta sentiva gioia, altre sofferenza, ma non le importava, ormai avevano lo stesso significato per lei. Sperava solo arrivasse presto mattino. Invece si addormentava per poi svegliarsi quasi ogni ora, girarsi nervosamente dall'altro lato del letto, cercare sotto i cuscini il telefono, sperando di trovare un messaggio che non c'era più. Lo sapeva bene che non lo avrebbe trovato, ma il suo sonno no. Il suo sonno agitato e pauroso, che si calmava solo leggendo quelle poche parole, spesso ripetitive e inconsistenti, a cui però si aggrappava pur di ritagliare un angolo di respiro. Per l'ennesima notte era andata così, per l'ennesima mattina, quando al suono della sveglia la paura di alzarsi era seduta di fianco a lei, comprimendole lo stomaco e costringendola e vomitare ancor prima di potersi guardare allo specchio. Allora le lacrime di disperazione si confondevano con quelle per lo sforzo di buttare fuori qualcosa che non esisteva. Non esisteva quasi mai nulla nel suo stomaco, quasi più nulla nei fianchi, mentre i lineamenti del viso si facevano più pronunciati, gli occhi sempre più scuri, la testa più pesante. Nonostante questo ogni volta che si guardava allo specchio si vedeva pesante, quasi enorme, si sentiva inadeguata, convinta che se il suo corpo avesse sofferto abbastanza avrebbe coperto la sofferenza della sua anima. Eppure non era pronta a rinunciare a nulla. Non era pronta a liberarsi da quel pugno che sembrava infilarsi nella sua gola ogni mattina, non era pronta a spegnere il telefono, non era pronta a dimenticare, a superare a cambiare, voleva percepire ogni grammo di quel sentimento così distruttivo che le attraversava la pelle in piccole scosse che la facevano tremare e spegnere ogni momento di più.



(nonostante la latitanza, provo a lasciare qui qualche riga scritta di getto, spero di riuscire ad essere più presente)


francesca.38
00lunedì 5 ottobre 2009 17:41
c'è qualcosa che mi colpisce sempre molto nei tuoi scritti...


qualche ripetizione da limare, ma arriva...
chiaralapazza
00lunedì 5 ottobre 2009 21:55
Scava, scava, scava. C'è molto di più da dire. Amplialo, tanto, anche troppo (tanto per tagliare c'è tempo). Prova ad aprire una voragine...
|Denilson|
00martedì 6 ottobre 2009 09:50
E' tornata la nostra cecily!

[SM=g1849943]
@Mimmi the Maneater@
00martedì 6 ottobre 2009 09:54
quello che scrivi, sembra sempre un pezzo di un organico più grande. viene sempre voglia di sapere, sapere, sapere.
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