"Allora domani che fai?"
"Mah, ci sarebbe una mezza idea di andare, finalmente, a fare un girello in Francia..."
"E iooooo?"
"Come sarebbe a dire? Ma tu lavori!"
"Ma nooooo!"
"Ma io avevo capito che lavorassi, domani!"
Premessa: il 24 di giugno a Torino è il Santo Patrono, San Giovanni, giorno di festa.
Anche per noi atei o agnostici razionalisti, che forse dovremmo andare a lavorare per coerenza.
Ma il succo è che Cristina non lavora.
Ma Cristina è anche la più grande portatrice sana di "pacchi" che io conosca: per cui la prendo larga.
"Allora, facciamo così: domani, quando mi sveglio, ti chiamo e se vuoi venire ti passo a prendere a casa di lì a un'ora circa, ok?"
"Oki!"
Il mattino dopo mi sveglio presto, liquido un impegno con l'impresario che mi ha ristrutturato casa, che fortunatamente si degna di presentarsi ancora prima dell'ora stabilita.
Alle 8 chiamo Cristina: dopo 2 squilli mi stacca il telefono.
Come volevasi dimostrare, sta dormendo della grossa.
A volte mi sento come Charlie Brown quando Lucy gli sfila la palla da sotto al momento di calciare: ci casco sempre!
Vabbè, poco male: trangugio l'abbondante colazione ché i miei 90 kg di ciccia richiedono, piazzo le mie auguste terga sulla sella della mucca e volgo la barra in direzione delle montagne.
Faccio benzina a Susa, anche perchè non ho ancora ben chiari i consumi del CB (che a fine giro si riveleranno ottimi) e anche perchè in Francia ho già avuto parecchie disavventure coi benzinai.
Già che ci sono compero un po' di pizza e un generoso pezzettone della locale focaccia dolce, che stipo nel sottosella.
Sono circa le 10 e l'aria è frizzante, quando mi immetto nel pianoro che subito dopo il confine porta con una serie di rapidi tornanti al posto dove, quand'ero bambino, i doganieri ci fermavano per un controllo. Poi è arrivato Maastricht. O era Schengen? Boh. Quella roba lì, insomma.
Mi fermo a fare una foto al lago per una sorta di competizione fotografica a distanza con Noris che è passato di qua pochi giorni prima.
Il posto è lo stesso, ma la sua mucca è molto più bella: competizione persa, ripartiamo.
Inizio la discesa verso Lanslebourg con qualche nuvola che occhieggia da fondovalle, ma la giornata sembra nel complesso serena: mentalmente, ringrazio di avere un maglioncino sotto il giubbotto e i sottoguanti termici, perchè la temperatura da questo lato sembra sensibilmente più bassa.
Vorrei vedere la temperatura esterna, ma ho un cattivo rapporto col tripmaster della Honda, per cui mi riprometto di schiacciare un po' di tasti a caso alla prossima sosta.
Ovviamente, coltiverò questo buon proposito per tutta la restante parte del viaggio.
Giro a sinistra in direzione di Modane e nei pressi di Bramans, per la prima volta in tanti anni noto la presenza di una strada segnalata come variante panoramica per Modane. Piatto ricco, mi ficco!
La strada si snoda piacevolmente in direzione di Aussois, attraverso i soliti deliziosi paesini francesi che, tutte le volte che li vedo, per contrasto mi viene un accidente al pensiero di come maltrattiamo noi il territorio. Se continuiamo in questo modo del "Bel Paese" non resterà pietra su pietra tra non molto.
Ora, vorrei raccontarvi che arrivato ad Aussois ho scelto di esplorare la zona della diga di Pian d'Aval, ma la verità è che ho sbagliato strada e mi sono spinto fin quassù.
Sono le 11 passate quando, mentre scatto la foto, sento squillare il cellulare.
E' Cristina che ovviamente si pente & si duole per essere stata in coma ed essersi persa la giornata insieme.
"Peccato, sarebbe stato molto più divertente in due..." le dico, ed è esattamente quello che penso, perchè come diceva Cristopher "Alex Supertramp" McCandless, "Happiness is real only when shared".
Passiamo un quarto d'ora al telefono a sparare un po' di cavolate, mentre mi crogiolo sotto un bel sole.
Non mi resta che tornare indietro per la strada e capire dove ho sbagliato.
Così arrivo a Modane con un po' di ritardo su una inesistente tabella di marcia, supero l'abitato e mi dirigo a Saint-Michel-de-Maurienne, il tutto in mezzo ad un vento singolarmente gelido che per qualche minuto mi fa meditare di tornare indietro, incerto di poter arrivare indenne agli oltre 2600 m. del Col du Galibier.
Arrivato all'intermedio Col du Telegraph (1535 m) mi fermo a mangiare sotto l'occhio di militari in assetto di guerra che presidiano la caserma in cima al colle.
Con la pancia piena e l'antipioggia sotto il giubbotto a fare da coibente aggiuntivo, riparto rinfrancato e riscaldato alla volta del Galibier.
Mi fermo in continuazione per far pipì (maledetta prostata... col freddo, poi...) e ogni tanto faccio uno scatto.
Pe fortuna il tempo migliora mano a mano che si sale, perfino il freddo è meno intenso.
I panorami sono, come sempre, grandiosi.
Una volta in cima battaglio per qualche minuto con torme di motociclisti e di ciclisti (chapeau! salire fin quassù dev'essere davvero dura...) per fare la foto di rito sotto l'indicazione toponomastica.
Per la cronaca, io non sono quello con gli shorts a piedi del cartello.
Passo qualche minuto in questa bolgia di varia umanità su due o più ruote, pensando che in fin dei conti in centro a Torino ci sarà sicuramente meno casino, dopodichè mi rifiondo a valle, facendomi strada tra torme di giessedotati che popolano queste cime ormai più numerosi delle marmotte, ma molto più difficili da distinguere uno dall'altro rispetto a quest'ultime...
Arrivo a Briancon abbastanza presto, per cui faccio volentieri due passi nel bel centro storico.
A questo punto non resta che tornare a casa, attraverso le rapide curve del Monginevro, dove purtroppo incappo nel solito incidente che coinvolge un nostro collega. Speriamo non sia accaduto niente di grave.
Arrivo a casa in tempo per mettermi a rasare il giardino che con le ultime pioggie sembra diventato il Mato Grosso e mentre accendo il tosaerba (Honda pure quello) penso che, in fondo, il uichènd deve ancora cominciare.
Squilla di nuovo il telefono, è di nuovo lei. Ora non posso, la richiamerò dopo.
Ma, mentre aggredisco il primo tappeto di gramigna, mi sento improvvisamente felice.
d.
Nota: mentre si percorrono le rampe del Galibier, dell'Izoard o del Col de la Croix de Fer, non è infrequente vedere fotografi dotati di teleobiettivo sdraiati a riprendervi.
Se vi scoprite a pensare "Finalmente! Qualcuno che si accorto di quanto sia bello il mio stile di guida!" sappiate che si tratta di prezzolatissimi personaggi pronti a rivendervi la vostra foto "in action" a cifre non esattamente esigue.
Ecco le testimonianze del mio passaggio...