00 12/03/2012 09:05
l'aggettivazione


partirei da uno spunto boghesiano: l'aggettivo è utilissimo nelle descrizioni molto meno nelle narrazioni.
concordo. l'aggettivo è una sottolineatura del sostantivo, costringe il lettore a soffermarsi sul nome. in ambito narrativo fermarsi non è sempre conveniente. ecco perché l'uso degli aggettivi deve essere parsimonioso. inoltre troppi aggettivi vanificano l'effetto degli stessi: non si capisce più nulla. chi usa troppi aggettivi lo fa per sviare, per mascherare ciò che si ha da dire: il nulla.

l'aggettivo non è storicamente lo stesso. Omero usava pochi e scontati aggettivi, è ciò deriva probabilmente dal fatto che nel greco antico l'aggettivo era un accessorio obbligato, una ovvia rimarcatura del significato di un vocabolo. solo molti secoli dopo la letteratura ha imparato a servirsene per fini più liberi.

personalmente adopero l'aggettivo con avarizia. anche perché qualora facessi altrimenti sarei io stesso a smarrirmi. l'unica licenza che mi concedo è una certa tendenza al neologismo, ossia a coniare aggettivi derivanti dal nome. un esempio (ma in fondo anche qui l'influsso borghesiano è ben presente nella mia scrittura) è dato da questa frase: "il maestro si profuse in una serie di lezioni sbadigliate e confuse.
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