00 24/06/2014 10:32
che cos'è l'ideale? è l'idea. l'insegna fosforescente della stazione di servizio è un'idea. ciò che rappresentava per me era qualcosa di indefinito ma di assolutamente vero. nella stazione di servizio vissi giorni intensi ed era di per sé naturale che essi sfociassero in un grande amore. che però non fu tale nel senso romanzesco del termine, vale a dire che la sua grandezza non fu la profondità di un sentimento, ma la profondità di un sentire complessivo.
Tago Mago (ed. The Dark White 2001) è la storia di un amore irrealizzato. sembra tale ma no lo è, eppure gli ingredienti ci sono tutti, un uomo e una donna, le parole, il sesso, i momenti, i dissapori, il dramma finale. ma l'amore è altrove. l'io narrante è un veggente, ma attenzione: è tale solo in apparenza. in realtà si assiste a una narrazione differita: chi racconta non vive il tempo presente dei fatti, ma li rivisita, e nel frattempo le conclusioni sono già per così dire in canna. i momenti della narrazione sono spiegati nel momento stesso che si snodano. prendiamo la scena del telefono lanciato contro la parete e la disperazione di tale scena estremizzata: il telefono infranto non è che il simbolo del disordine della mia mente, e l'ambito pomeridiano e domenicale dove il dramma si consuma non è che la rappresentazione dell'atemporalità della vicenda. questa, sbalzata dall'ordinario, diventa trip, ma la motivazione di questo deragliamento è leggibile solo a patto che il narratore ne sia l'artefice, è ne sarà l'artefice solo in quanto il differimento dell'atto del narrare si sia, in qualche modo, verificato.
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