I vacui amici del tiglio - Spazio libero

Federico Garcia Lorca

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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 21:52
    Il cozzo e la morte

    Alle cinque della sera.
    Eran le cinque in punto della sera.
    Un bambino portò il lenzuolo bianco
    alle cinque della sera.
    Una sporta di calce già pronta
    alle cinque della sera.
    Il resto era morte e solo morte
    alle cinque della sera.

    Il vento portò via i cotoni
    alle cinque della sera.
    E l’ossido seminò cristallo e nichel
    alle cinque della sera.
    Già combatton la colomba e il leopardo
    alle cinque della sera.
    E una coscia con un corno desolato
    alle cinque della sera.
    Cominciarono i suoni di bordone
    alle cinque della sera.
    Le campane d’arsenico e il fumo
    alle cinque della sera.
    Negli angoli gruppi di silenzio
    alle cinque della sera.
    Solo il toro ha il cuore in alto!
    alle cinque della sera.
    Quando venne il sudore di neve
    alle cinque della sera,
    quando l’arena si coperse di iodio
    alle cinque della sera,
    la morte pose le uova nella ferita
    alle cinque della sera.
    Alle cinque della sera.
    Alle cinque in punto della sera
    .

    Una bara con ruote è il letto
    alle cinque della sera.
    Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie
    alle cinque della sera.
    Il toro già mugghiava dalla fronte
    alle cinque della sera.
    La stanza s’iridava d’agonia
    alle cinque della sera.
    Da lontano già viene la cancrena
    alle cinque della sera.
    Tromba di giglio per i verdi inguini
    alle cinque della sera.
    Le ferite bruciavan come soli
    alle cinque della sera.
    E la folla rompeva le finestre
    alle cinque della sera.
    Alle cinque della sera.

    Ah, che terribili cinque della sera!
    Eran le cinque a tutti gli orologi!
    Eran le cinque in ombra della sera!
    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:05]
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    Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
    richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
    Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
    Martha Medeiros


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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 21:53
    Il sangue versato

    Non voglio vederlo!

    Di’ alla luna che venga,
    ch’io non voglio vedere il sangue
    d’Ignazio sopra l’arena.

    Non voglio vederlo!

    La luna spalancata.
    Cavallo di quiete nubi,
    e l’arena grigia del sonno
    con salici sullo steccato.

    Non voglio vederlo!
    Il mio ricordo si brucia.
    Ditelo ai gelsomini
    con il loro piccolo bianco!

    Non voglio vederlo!

    La vacca del vecchio mondo
    passava la sua triste lingua
    sopra un muso di sangue
    sparso sopra l’arena,
    e i tori di Guisando,
    quasi morte e quasi pietra,
    muggirono come due secoli
    stanchi di batter la terra.

    No.
    Non voglio vederlo!

    Sui gradini salì Ignazio
    con tutta la sua morte addosso.
    Cercava l’alba,
    ma l’alba non era.
    Cerca il suo dritto profilo,
    e il sogno lo disorienta.
    Cercava il suo bel corpo
    e trovò il suo sangue aperto.
    Non ditemi di vederlo!
    Non voglio sentir lo zampillo
    ogni volta con meno forza:
    questo getto che illumina
    le gradinate e si rovescia
    sopra il velluto e il cuoio
    della folla assetata.
    Chi mi grida d’affacciarmi?
    Non ditemi di vederlo!

    Non si chiusero i suoi occhi
    quando vide le corna vicino,
    ma le madri terribili
    alzarono la testa.
    E dagli allevamenti
    venne un vento di voci segrete
    che gridavano ai tori celesti,
    mandriani di pallida nebbia.
    Non ci fu principe di Siviglia
    da poterglisi paragonare,
    né spada come la sua spada
    né cuore così vero.
    Come un fiume di leoni
    la sua forza meravigliosa,
    e come un torso di marmo
    la sua armoniosa prudenza.
    Aria di Roma andalusa
    gli profumava la testa
    dove il suo riso era un nardo
    di sale e d’intelligenza.
    Che gran torero nell’arena!
    Che buon montanaro sulle montagne!
    Così delicato con con le spighe!
    Così duro con gli speroni!
    Così tenero con la rugiada!
    Così abbagliante nella fiera!
    Così tremendo con le ultime
    banderillas di tenebra!

    Ma ormai dorme senza fine.
    Ormai i muschi e le erbe
    aprono con dita sicure
    il fiore del suo teschio.
    E già viene cantando il suo sangue:
    cantando per maremme e praterie,
    sdrucciolando sulle corna intirizzite,
    vacillando senz’anima nella nebbia,
    inciampando in mille zoccoli
    come una lunga, scura, triste lingua,
    per formare una pozza d’agonia
    vicino al Guadalquivir delle stelle.

    Oh, bianco muro di Spagna!
    Oh, nero toro di pena!
    Oh, sangue forte d’Ignazio!
    Oh, usignolo delle sue vene!

    No.
    Non voglio vederlo!
    Non v’è calice che lo contenga,
    non rondini che se lo bevano,
    non v’è brina di luce che lo ghiacci,
    né canto né diluvio di gigli,
    non v’è cristallo che lo copra d’argento.
    No.
    Io non voglio vederlo!!



    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:05]
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 21:53
    Corpo presente

    La pietra è una fronte dove i sogni gemono
    senz’aver acqua curva né cipressi ghiacciati.
    La pietra è una spalla per portare il tempo
    Con alberi di lagrime e nastri e pianeti.

    Ho visto piogge grigie correre verso le onde
    alzando le tenere braccia crivellate
    per non esser prese dalla pietra stesa
    che scioglie le loro membra senza bere il sangue.

    Perché la pietra coglie semenze e nuvole,
    scheletri d’allodole e lupi di penombre,
    ma non dà suoni, né cristalli, né fuoco,
    ma arene e arene e un’altra arena senza muri.

    Ormai sta sulla pietra Ignazio il ben nato.
    Ormai è finita. Che c’è? Contemplate la sua figura:
    la morte l’ha coperto di pallidi zolfi
    e gli ha messo una testa di scuro minotauro.

    Ormai è finita. La pioggia entra nella sua bocca.
    Il vento come pazzo il suo petto ha scavato,
    e l’Amore, imbevuto di lacrime di neve,
    si riscalda in cima agli allevamenti.

    Cosa dicono? Un silenzio putrido riposa.
    Siamo con un corpo presente che sfuma,
    con una forma chiara che ebbe usignoli
    e la vediamo riempirsi di buchi senza fondo.

    Chi increspa il sudario? Non è vero quel che dice!
    Qui nessuno canta, né piange nell’angolo,
    né pianta gli speroni né spaventa il serpente:
    qui non voglio altro che gli occhi rotondi
    per veder questo corpo senza possibile riposo.

    Voglio veder qui gli uomini di voce dura.
    Quelli che domano cavalli e dominano i fiumi:
    gli uomini cui risuona lo scheletro e cantano
    con una bocca piena di sole e di rocce.

    Qui li voglio vedere. Davanti alla pietra.
    Davanti a questo corpo con le redini spezzate.
    Voglio che mi mostrino l’uscita
    per questo capitano legato dalla morte.

    Voglio che mi insegnino un pianto come un fiume
    ch’abbia dolci nebbie e profonde rive
    per portar via il corpo di Ignazio e che si perda
    senza ascoltare il doppio fiato dei tori.

    Si perda nell’arena rotonda della luna
    che finge, quando è bimba dolente, bestia immobile;
    si perda nella notte senza canto dei pesci
    e nel bianco spineto del fumo congelato.

    Non voglio che gli copran la faccia con fazzoletti
    perché s’abitui alla morte che porta.
    Vattene, Ignazio. Non sentire il caldo bramito.
    Dormi, vola, riposa. Muore anche il mare!


    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:06]
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 21:54
    Anima assente

    Non ti conosce il toro né il fico,
    né i cavalli né le formiche di casa tua.
    Non ti conosce il bambino né la sera
    perché sei morto per sempre.

    Non ti conosce il dorso della pietra,
    né il raso nero dove ti distruggi.
    Non ti conosce il tuo ricordo muto
    perché sei morto per sempre.

    Verrà l’autunno con conchiglie,
    uva di nebbia e monti aggruppati,
    ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
    perché sei morto per sempre.

    Perché sei morto per sempre,
    come tutti i morti della Terra,
    come tutti i morti che si scordano
    in un mucchio di cani spenti.

    Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
    Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
    L’insigne maturità della tua conoscenza.
    Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
    La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.

    Tarderà molto a nascere, se nasce,
    un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura.
    Io canto la sua eleganza con parole che gemono
    e ricordo una brezza triste negli ulivi.
    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:07]
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    00 11/11/2008 22:01
    Gazzella dell'amore imprevisto
    Nessuno capiva il profumo
    dell'oscura magnolia del tuo ventre.
    Nessuno sapeva che martirizzavi
    un colibrí d'amore fra i tuoi denti.

    Mille cavallini persiani dormivano
    sulla piazza con la luna della tua fronte,
    mentre per quattro notti io stringevo
    la tua vita, nemica della neve.

    Fra gesso e gelsomini, il tuo sguardo
    era un pallido ramo di sementi.
    Cercai, per darti, nel mio cuore
    le lettere d'avorio che dicono sempre,

    sempre, sempre: giardino della mia agonia,
    il tuo corpo fuggitivo per sempre,
    il sangue delle tue vene nella mia bocca,
    la tua bocca senza luce per la mia morte.
    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:04]
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 22:02
    Gazzella dell'amore disperato
    La notte non vuole venire
    perché tu non venga
    e io non possa andare.

    Ma io andrò
    benché un sole di scorpioni mi mangi la testa.

    Ma tu verrai
    con la lingua bruciata dalla pioggia di sale.

    Il giorno non vuole venire
    perché tu non venga
    e io non possa andare.

    Ma io andrò
    portando ai rospi il mio garofano morsicato.

    Ma tu verrai
    nelle cupe cloache dell'oscurità.

    Né la notte né il giorno non vogliono venire
    perché io muoia per te
    e tu per me.
    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:03]
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 22:04
    Gazzella dell'amore
    Non portar via il tuo ricordo.
    Lascialo solo nel mio cuore,
    tremore di bianco ciliegio
    nel martirio di gennaio.

    Mi separa dai morti
    un muro di brutti sogni.
    Soffro pene di giglio fresco
    per un cuore di gesso.

    Tutta la notte nell'orto
    i miei occhi come due cani.
    Tutta la notte, mangiando
    le cotogne di veleno.

    A volte il vento
    è un tulipano di paura.
    È un tulipano malato
    l'alba d'inverno.

    Un muro di brutti sogni
    mi separa dai morti.
    L'erba copre in silenzio
    la valle grigia del tuo corpo.
    [Modificato da chiaralapazza 11/11/2008 22:04]
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 22:10
    Gazzella della morte oscura
    Voglio dormire il sonno delle mele,
    allontanarmi dal tumulto dei cimiteri.
    Voglio dormire il sonno di quel bimbo
    che voleva tagliarsi il cuore in alto mare.
    Non voglio che mi ripetano che i morti non perdono sangue;
    che la bocca marcita continua a chiedere acqua.
    [ Non voglio saperne dei martirii che l'erba produce
    né della luna con bocca di serpente
    che lavora prima dell'alba.
    Voglio dormire un momento,
    un momento, un minuto, un secolo;
    ma tutti sappiano che non sono morto;
    che c'è una stalla d'oro sulle mie labbra;
    che sono il piccolo amico del vento occidentale;
    che sono l'ombra immensa delle mie lacrime.
    Coprimi nell'aurora con un velo,
    perché essa mi getterà manciate di formiche,
    e bagna con acqua dura le mie scarpe
    affinché sia elusa la pinza del suo scorpione.
    Perché voglio dormire il sonno delle mele
    per apprendere un pianto che mi purifichi dalla terra;
    perché voglio vivere con quel bimbo oscuro
    che voleva tagliarsi il cuore in alto mare.
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 22:11
    Gazzella dell'amore meraviglioso
    Con tutto il gesso
    dei campi poveri,
    eri giunco d'amor, gelsomino umido.

    Di fronte al sud e alla fiamma
    dei brutti cieli,
    eri rumore di neve sul mio petto.

    Cieli e campi
    stringevano catene sulle mie mani.

    Cieli e cieli
    flagellavano le piaghe del mio corpo.
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    chiaralapazza
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    00 11/11/2008 22:15
    Casida del pianto
    Ho chiuso la mia finestra
    perché non voglio udire il pianto,
    ma dietro i grigi muri
    altro non s'ode che il pianto.
    Vi sono pochissimi angeli che cantano,
    pochissimi cani che abbaiano;
    mille violini entrano nella palma della mia mano.
    Ma il pianto è un cane immenso,
    il pianto è un angelo immenso,
    il pianto è un violino immenso,
    le lacrime imbavagliano il vento.
    e altro non s'ode che il pianto.
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    Martha Medeiros


  • (F@bry)
    00 17/12/2008 18:16
    Piaghe d'amore

    La luce, questo fuoco che divora.
    Questo paesaggio grigio che m'attornia.
    Questa pena per una sola idea.
    Quest'angoscia di cielo, terra e d'ora.

    Questo pianto di sangue che decora
    lira senza timbro, torcia senza presa
    Questo peso del mare che mi frusta.
    Questo scorpione che attende entro di me.

    Ghirlanda d'amore, letto di ferito
    sono e di insonne, sogno la presenza
    tua nel fondo in rovina del mio petto;
    e se ricerco una vetta di prudenza
    il tuo cuore mi dà una valle densa
    di cicuta e passione d'aspra scienza.