I vacui amici del tiglio - Spazio libero

Francesco Petrarca

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  • (F@bry)
    00 19/11/2008 21:11
    Canzone petrarchesca,Chiare,fresche e dolci acque


    Chiare fresche e dolci acque
    ove le belle membra
    pose colei che sola a me par donna;
    gentil ramo, ove piacque,
    (con sospir mi rimembra)
    a lei di fare al bel fianco colonna;
    erba e fior che la gonna
    leggiadra ricoverse con l’angelico seno;
    aere sacro sereno
    ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
    date udienza insieme
    a le dolenti mie parole estreme.


    S’egli è pur mio destino,
    e ’l cielo in ciò s’adopra,
    ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
    qualche grazia il meschino
    corpo fra voi ricopra,
    e torni l’alma al proprio albergo ignuda;
    la morte fia men cruda
    se questa spene porto
    a quel dubbioso passo,
    ché lo spirito lasso
    non poria mai più riposato porto
    né in più tranquilla fossa
    fuggir la carne travagliata e l’ossa.

    Tempo verrà ancor forse
    ch’a l’usato soggiorno
    torni la fera bella e mansueta,
    e là ’v’ella mi scorse
    nel benedetto giorno,
    volga la vista disiosa e lieta,
    cercandomi; ed o pietà!
    già terra infra le pietre
    vedendo, Amor l’inspiri
    in guisa che sospiri
    sì dolcemente che mercé m’impetre,
    e faccia forza al cielo
    asciugandosi gli occhi col bel velo.

    Da’ be’ rami scendea,
    (dolce ne la memoria)
    una pioggia di fior sovra ’l suo grembo;
    ed ella si sedea
    umile in tanta gloria,
    coverta già de l’amoroso nembo;
    qual fior cadea sul lembo,
    qual su le treccie bionde,
    ch’oro forbito e perle
    eran quel dì a vederle;
    qual si posava in terra e qual su l’onde,
    qual con un vago errore
    girando perea dir: "Qui regna Amore".

    Quante volte diss’io
    allor pien di spavento:
    "Costei per fermo nacque in paradiso!".
    Così carco d’oblio
    il divin portamento
    e ’l volto e le parole e’l dolce riso
    m’aveano, e sì diviso
    da l’imagine vera,
    ch’i’ dicea sospirando:
    "Qui come venn’io o quando?"
    credendo esser in ciel, non là dov’era.
    Da indi in qua mi piace
    quest’erba sì ch’altrove non ò pace.

    Se tu avessi ornamenti quant’ai voglia,
    poresti arditamente
    uscir del bosco e gir infra la gente.


  • (F@bry)
    00 19/11/2008 21:14
    Pace non trovo e non ò da far guerra

    Pace non trovo e non ò da far guerra
    e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
    e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
    e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.

    Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
    nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
    e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
    nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.

    Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
    e bramo di perire, e chieggio aita;
    e ho in odio me stesso, e amo altrui.

    Pascomi di dolor, piangendo rido;
    egualmente mi spiace morte e vita:
    in questo stato son, donna, per voi.