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AL FANCIULLO ELIS

Elis, quando il merlo chiama nel bosco nero,
è questo il tuo tramonto.
Le tue labbra bevono la frescura dell'azzurra sorgente.

Abbandonati, se la tua fronte sommessa sanguina
antichissime leggende
e l'oscuro senso del volo degli uccelli.

Tu però vai con morbidi passi nella notte
che colma di purpurei grappoli pende,
e muovi più sciolto le braccia nell'azzurro.

Un cespuglio di rovi risuona,
dove sono i tuoi occhi lunari.
Oh, da quanto tempo sei tu, Elis, estinto.

Il tuo corpo è un giacinto,
nel quale un monaco affonda le eburnee dita.
Una nera voragine è il nostro silenzio,

dal quale talvolta un mite animale esce
e lentamente le pesanti palpebre china.
Sulle tue tempie goccia nera rugiada,

l'ultimo oro di stelle declinanti.
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Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Martha Medeiros