00 06/10/2009 18:10
HELIAN

Nell'ore solitarie dello spirito
è bello camminare al sole
lungo i gialli muri dell'estate.
Levi risuonano i passi nell'erba; ma sempre
dorme il figlio di Pan nel grigio marmo.

A sera sulla terrazza c'inebriammo di bruno vino.
Rossastra arde la pesca nel fogliame;
dolce sonata, lieto riso.

Bello è il silenzio della notte.
Su oscuro piano
c'incontriamo con pastori e bianche stelle.

Quando viene l'autunno
appare una tersa chiarezza nella selva.
Placati peregriniamo lungo rossi muri
e gli occhi rotondi seguono il volo degli uccelli.
A sera scende la bianca acqua nell'urne funerarie.

Tra spogli rami fa festa il cielo.
In pure mani porta il campagnolo pane e vino
e in pace maturano le frutta nell'assolata stanza.

Oh com'è serio il volto dei cari morti.
Ma rallegra l'anima una visione giusta.

Imponente è il silenzio del devastato giardino,
quando il giovane novizio, la fronte di brune foglie coronata,
il suo respiro gelido oro beve.

Le mani sfiorano l'antica età di azzurre acque
o in fredde notti le bianche guance delle sorelle.

Lieve e armonioso è l'andar lungo amichevoli stanze,
dov'è solitudine e il mormorìo dell'acero,
dove forse ancora il tordo canta.

Bello è l'uomo e chiara apparizione nel buio,
quando con stupore braccia e gambe muove,
e in purpuree cavità calmi gli occhi ruotano.

Al vespro si perde lo straniero in mezzo a nera devastazione novembrina,
tra fradicia ramaglia, lungo muri pieni di lebbra,
dove dianzi il santo fratello andava,
immerso nel dolce suono di corde della sua follìa.

Oh, come solitario si spegne il vento della sera.
Morente si china il capo nell'oscurità dell'olivo.


Sgomenta il tramonto della stirpe.
In quest'ora si riempiono gli occhi del contemplante
con l'oro delle sue stelle.

A sera affonda un cariglione che più non suona,
rovinano i neri muri sulla piazza,
un soldato morto invita alla preghiera.

Pallido angelo
entra il figlio nella vuota casa dei padri.

Le sorelle sono andate lontano da bianchi vecchi.
Di notte le trovò il dormente sotto le colonne nell'atrio,
rientrate da tristi pellegrinaggi.

Oh, come rigida di fango e vermi la loro chioma,
quando egli là dentro con argentei piedi sta,
e quelle escono morte da spoglie stanze.

Oh, voi salmi nell'infocate piogge di mezzanotte,
quando con ortiche i servi i miti occhi batterono,
gli infantili frutti del sambuco
con stupore si chinano sopra un sepolcro vuoto.

Lievi rotolano ingiallite l'une
sopra i febbrili lini del giovinetto,
prima che il silenzio dell'inverno segua.


Un elevato destino medita giù lungo il Cedron,
dove il cedro, tenera creatura,
sotto gli azzurri cigli del padre si dispiega,
sul pascolo a notte il pastore il suo gregge guida.
O sono urla nella notte,
quando un angelo bronzeo nella selva l'uomo incontra,
la carne del santo su rovente graticola si fonde.

Intorno a capanne di argilla s'avviticchia purpurea vite,
sonanti fasci d'ingiallito grano,
il ronzìo delle api, il volo della gru.
A sera s'incontrano risorti su sentieri di roccia.

In nere acque si specchiano lebbrosi;
o si aprono vesti macchiate di fango
piangendo al balsamico vento, che dal roseo colle spira.

Sottili ancelle vanno a tentoni pei vicoli notturni,
se mai trovassero l'amante pastore.
Al sabato risuona nelle capanne un soave canto.

Lascia che la canzone ricordi anche il fanciullo,
la sua follìa, il bianco ciglio e la sua dipartita,
il putrescente, che azzurrini gli occhi apre.
Oh, com'è triste questo rivedersi!


I gradini della follìa in nere stanze,
le ombre dei vecchi sotto la porta aperta,
quando l'anima di Helian in roseo specchio si mira
e neve e lebbra dalla sua fronte calano.

Alle pareti si son spente le stelle
e le bianche sembianze della luce.

Dal tappeto sorge ossame di tombe,
il silenzio di cadenti croci al colle,
la dolcezza dell'incenso nel purpureo vento della notte.

Oh, voi occhi infranti in nere bocche,
quando il nipote in ottenebramento mite
solitario l'oscura fine medita,
il Dio silenzioso su di lui gli azzurri cigli cala.
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Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Martha Medeiros