È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
a Londra non fui sobrio, mai. e durante peregrinazioni sessuali e sollecitazioni alcoliche, attraversai la nera disperazione meditando sul vizio abissale!
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Ultimo Aggiornamento: 28/05/2009 21:00
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06/10/2008 20:06
 
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SCOPERTE

Si camminava ormai da tempo e tutto sembrava faticoso. Gli zaini che avevamo in spalla pesavano come dei grandi massi sulle nostre schiene. E dentro avevamo riposto ogni speranza per questa avventura.
Si udivano pochi rumori: il suono dei grilli, le nostre scarpe calpestare rami ormai secchi e i fiati affaticati e stanchi. Guardando avanti si vedeva solo il nulla: il buio della notte, qualche albero alla portata della nostra vista e quei massi così scivolosi che non potevano essere strumento del nostro cammino. Metri e metri in salita, chilometri che se percorsi in pianura sarebbero durati un quarto rispetto ad allora. Ma eravamo in montagna, al buio, di notte; tutto era giocoforza più lungo.
C. si era aggrappata al mio sacco: ora avevo un doppio peso da portare. Eravamo in pochi, i grandi del gruppo scout; e io ero tra di loro.
Arrivati a chissà quanti metri di altitudine lo stupore prese il sopravvento su tutto. Come per incanto quel sentiero notturno scosceso cessò di esistere e di fronte a noi si dipinse una splendida distesa tra due altissime cime. Il freddo pungente si percepiva sulle nostre guance sudate di fatica ma era così piacevole da non prestargli attenzione. Di fronte ai nostri occhi le stelle illuminavano i colori della notte. Erano così vicine che potevamo quasi toccarle. La loro luce sfiorava il verde dell’erba di alta montagna, il marrone e il grigio delle rocce secolari, i colori dei fiori e il legno della baita che ci accingevamo a raggiungere. Nulla era più perfetto di quel momento.
Abbiamo iniziato a correre più forte che potevamo. Noi. I grandi- Gli adulti del gruppo scout. I capi squadriglia. In quel momento per me nulla aveva più importanza: sentivo l’aria sulla mia pelle, la stanchezza che lasciava il posto all’entusiasmo e nelle narici l’odore della felicità. Le gambe si muovevano da sole.
Raggiunta la baita, in fretta, abbiamo acceso un fuoco per ristorarci con carne alla brace (o bruciata per come era cotta). Seduta in un angolo guardavo tutti, alzavo gli occhi al cielo ringraziando la vita per quello splendido momento. Nessun pensiero attraversava la mia mente, solo gioia di vivere. Chiusi gli occhi riempiendomi i polmoni di ogni profumo percepito e inondando la mente di ogni suono udito; volevo farne fotografia per i miei ricordi.
Sotto i nostri sacchi a pelo il fuoco piano piano si spegneva e il profumo di legna bruciata penetrava nella pelle. Aprendo gli occhi verso lo spettacolo che si proiettava davanti a noi si capiva che nessun effetto speciale era presente per renderlo più bello; il cielo era limpidissimo e noi eravamo un punto minuscolo nell’immensità della via lattea che ci abbracciava con la sua luce. Come colonna sonora solo il suono di una brezza leggera ma pungente che accarezzava l’erba intorno a noi: la voce della natura ci faceva compagnia, Musa per i nostri sogni adolescenziali.
Avevo capito quanto fosse bella la perfezione della natura e l’imperfezione della vita.


16 aprile 2008
[Modificato da chiaralapazza 27/05/2009 22:33]
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07/10/2008 09:27
 
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Molto bella!
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27/05/2009 21:38
 
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Ho apportato alcune modifiche e l'ho ampliato.
Cambiate il titolo in Scoperte.
Grassie!!! [SM=g1845971]
[Modificato da chiaralapazza 27/05/2009 21:48]
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27/05/2009 21:38
 
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SCOPERTE

Camminavamo da tempo e la fatica ci faceva compagnia. Gli zaini che avevamo in spalla pesavano come dei grandi massi sulle nostre schiene. Dentro avevamo riposto ogni speranza per questa avventura.
Si udivano pochi rumori: il suono dei grilli, le nostre scarpe calpestare rami ormai secchi e i fiati affaticati e stanchi; tutto il resto era silenzio. Guardando avanti si vedeva solo il nulla: il buio della notte, qualche albero alla portata della nostra vista e quei massi così scivolosi che non potevano essere strumento del nostro cammino. Metri e metri in salita, chilometri che se percorsi in pianura sarebbero durati un quarto rispetto ad allora. Ma eravamo in montagna, di notte; tutto era giocoforza più lungo.
C. si era aggrappata al mio sacco, esausta: ora avevo un doppio peso da portare. Eravamo in pochi, i grandi del gruppo scout; e io ero tra loro. Assaporavo la sensazione che mi dava l’ essere finalmente pronta ad abbandonare la Chiara bambina, per poter vestire i panni della ragazza. Osservavo gli altri con aria soddisfatta; non mi sentivo più a disagio, perché in mezzo a loro anche io avevo qualcosa da condividere: la crescita. Inconsapevole, che gli anni a venire, quelli dell’adolescenza, sarebbero stati stravolgenti. Ma a me nulla importava in quell’istante, perché ero felice per ciò che vivevo.
Arrivati a chissà quanti metri di altitudine lo stupore prese il sopravvento. Come per incanto quel sentiero notturno scosceso cessò di esistere e di fronte a noi si dipinse una splendida distesa tra due altissime cime. Il freddo pungente penetrava sulle nostre guance, sudate di fatica, ma era così piacevole da non prestargli attenzione. Di fronte ai nostri occhi le stelle illuminavano i colori della notte. Erano così vicine che potevamo quasi toccarle. La loro luce sfiorava il verde dell’erba di alta montagna, il marrone e il grigio delle rocce secolari, i colori dei fiori e il legno della baita che ci accingevamo a raggiungere, ad alcune centinaia di metri da noi. Nulla era più perfetto di quel momento.
Abbiamo iniziato a correre più forte che potevamo. I capi squadriglia; i “grandi” del gruppo scout. In quel momento per me nulla aveva più importanza: sentivo l’aria sulla mia pelle, la stanchezza che lasciava il posto all’entusiasmo e nelle narici l’odore della felicità. Le gambe si muovevano da sole, la ratio non aveva più alcun controllo sul mio corpo.
Raggiunta la baita, un fuoco acceso ci ristorava, ospitando tra le sue fiamme carne alla brace (o bruciata per come era cotta). Seduta in un angolo, osservavo tutti impegnati nelle loro faccende e, alzando lo sguardo al cielo, ringraziavo la vita per quello splendido momento. Nessun pensiero attraversava la mia mente, solo gioia di vivere. Chiusi gli occhi riempiendomi i polmoni di ogni profumo percepito e inondando la mente di ogni suono udito; volevo farne fotografia per i miei ricordi.
Sotto i nostri sacchi a pelo il fuoco lentamente si spegneva e il profumo di legna bruciata penetrava nella pelle. Rivolgendo lo sguardo verso lo spettacolo che si proiettava davanti a noi si capiva che nessun effetto speciale era presente per renderlo più bello; il cielo era limpidissimo e noi eravamo un punto minuscolo nell’immensità della via lattea che ci abbracciava con la sua luce. Come colonna sonora solo il suono di una brezza leggera ma pungente che accarezzava l’erba intorno a noi: la voce della natura ci faceva compagnia, Musa per i nostri sogni adolescenziali.
E in quel momento solo un pensiero ad illuminare la mia mente: nulla poteva essere più vero della perfezione della natura.

27 maggio 2009
[Modificato da chiaralapazza 28/05/2009 21:00]
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27/05/2009 21:45
 
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Grazie Fabry! [SM=g1843565]
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Prego [SM=g1845971]
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