Amici, il mio "editore" (adesso poi vedremo se le promesse non resteranno tali....) mi "concede" di sottoporre alla vostra attenzione l'abbozzo di Chiara Partenza, il mio romanzo, originariamente denominato Ege Bamyasi. Vi prego di non confondere questo scritto con l'altro, quello che sto pubblicando a puntate sul forum, cioè il romanzo in 10 improvvisazioni. Lo specifico perchè i titoli sono i medesimi. In realtà il mio editore ha ritenuto che Chiara Partenza andasse bene anche per questo scritto (che si chiamava Ege Bamyasi), e io ho accondisceso - perchè sapete bene che pur di arrivare a ri-pubblicare sarei disposto a vendere l'anima a Satana.
Ci sono problemi di copyright, per cui non è detto che a questo brano ne possa seguire un altro. Ma comunque a voi, che siete i miei amici anche se virtuali, perchè la virtualità per me non fa nessuna differenza con il reale, che spesso è di guano - a voi, amici, dedico tutto il romanzo, tutto Chiara Partenza.
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CHIARA PARTENZA
Finito il libro, mio fratello mi aveva notificato il suo disimpegno. Mio fratello il libro l’aveva editato, ma ne era restato profondamente deluso.
“Non è ciò che pensavo che fosse”
“Non so che dirti” dissi io.
“Ha dei buoni passaggi “precisò “ma è il complesso a non funzionare”
Mi mise in mano il contratto.
“Buttalo” mi intimò.
Tutto finito. E le 200 copie della prima (e, per quanto lo concerneva, ultima) tiratura se volevo potevo piazzarle. D’altronde mi appartenevano.
Il cartone che le conteneva non pesava eccessivamente, e nemmeno era troppo ingombrante, ma a mio fratello premeva che ne liberassi il suo candido e tecnologico salotto da cineamatore. Cosa che feci, scendendo con qualche difficoltà le anguste, contraddittorie scale di un anonimo palazzo del quartiere fieristico. Scivolai di piano in piano fino all’andito, reggendo il parto delle mie visioni psichedeliche come il fagotto del corpo di un neonato abbandonato alla corrente del Fiume e da me tratto in salvo.
Sbucai fuori. Caricai la mia Escort non revisionata. Partii.
Vivevo dalle parti di via di Corticella, a Bologna. C’erano gatti, cani, cinesi e studenti. La casa dove stavo era infestata dai gatti, fatterello di per sé trascurabile, ma che mi obbligava a cercare qualche altro luogo per dedicarmi all’occupazione tendenzialmente vitale dell’ insiprazione e della susseguente espirazione (questi i termini tecnici delle 2 fasi della respirazione). Così la maggior parte del giorno la trascorrevo vagabondando in città e la notte, se potevo, se non pioveva, se la vecchia del piano rialzato non era preda dei suoi deliri incendiari, occupavo un angolo del vasto e zingaresco giardino condominiale.
Claudia diceva che il mio era un atteggiamento snobistico. Non ero d’accordo. Ma le passavo la tesi secondo la quale la mia asma avesse come causa più un fatto psicosomatico che una matrice felina.
Con Claudia, la padrona di casa, nullafacente, nordica e benestante, avevo fatto l’amore la seconda notte di permanenza nel suo quartierino. Aveva un uomo che però abitava a Udine ed era sposato. Biondissima e avvenente fanciulla, amava concedersi.
Tale informazione mi fu “passata” da Alberto, che in quella casa mi aveva invitato, che in quella casa abitava da 4 anni dimenticandosi sovente di pagare l’affitto, per quanto estremamente modico - faceva finta di studiare, viveva alla giornata e aveva velleità creative nell’arte plastica (lampade fluorescenti costruite con rottami, qualche esposizione e qualche affaruccio extra creativo legato allo spaccio di caccole).
Alberto era uno dei miei lettori. Per lui Tago Mago (non il disco dei Can, ma la mia creatura fradicia e stenta) era come la bibbia, e lo leggeva versetto dopo versetto, portandoselo dentro lo zaino dovunque lo trasportava la sua irrequietudine.
Comunque Alberto era di fatto l’uomo di Claudia, e quando gli confidai di essermela scopata fece buon viso ma evitò di incrociarmi per un paio di settimane a venire.
Io non sapevo che lo fosse, altrimenti non ci sarei stato. E nemmeno interpretai nel modo giusto il suo risentimento, riferendolo a una forma di gelosia e nulla più. Una generica e indistinta gelosia. Fu quando Claudia cominciò a trattarlo di merda che capii. Gli imputava i piccoli incidenti della minuta vita domestica, vale a dire il disordine (creativo) dela sua camera, il fatto che si buttasse sui letti con i jeans sporchi, che pisciasse nel lavandino, che fumasse in bagno e che bevesse lasciando bicchieri e bottiglie in veranda.
Alberto voleva parlarmene e io fui d’accordo. Trovavo curiosamente meschina e superficiale l’intera faccenda, ma mi interessava sapere qualcosa di più sulla natura dei loro rapporti e su dell’altro. Insomma cominciavo a percepire il sotteso.
Ogni finestra introduce a un ambiente. Ogni ambiente ha una sua realtà. Fumavo sigarette adolescenziali e avevo questo pensiero. Passeggiavo lungo il portico sottocasa, l'insegna del supermercato gettava la sua cieca luminescenza rossastra. La attraversavo, la riattraversavo. Ascoltavo i suoni della città. Erano filtrati, notturni. Ogni finestra mi sembrava un acquario. Le grida di un bimbo un indizio.
Alberto era totalmente preso da Claudia, e giudicava le sue intolleranze l’espressione di una volontà radicalmente vendicativa.
“Del resto è una crucca” precisava, riferendosi alla sua origine ticinese.
[Modificato da paper. 01/01/2009 11:25]
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distruggiti con moderazione vecchio paper (Fet)