il minimalismo di Bolzano mi deriva da un paio di scorci:
il prato eguale del parco tagliato da ampie fette di luce, P. che, occultata da un paio di occhiali da sole enormi, sfrontati, reitera l'ostilità del suo silenzio.
sentivo, provenire da dietro, la vociante sfilata carnevalesca dei bambini e i richiami delle madri.
io non avevo più nulla. niente in mano. prossimo a lacerarsi persino l'ultimo aggancio.
la seconda immagine è la camera disfatta in casa Moroder. ci eravamo messi le mani addosso, era volato di tutto. il balcone faceva entrare gli allegri cinguetti dei fringuelli e la cosa ci parve oltremodo ridicola.
constatando la devastazione dei nostri reciprochi e intersecantisi sfoghi valutammo, ciascuno da sè, l'entità di quella che aveva lacerato il nostro rapporto.
fine. game over. c'era soltanto da salvaguardare le apparenze, e poi -poco o tanto tempo occorresse - neppure più quelle.
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distruggiti con moderazione vecchio paper (Fet)