00 14/12/2013 20:27
ero come un cavallo sfrenato che corre verso un baratro e vorrebbe fermarsi, ma non può.
il mio pensiero, schiavo di una circostanza, di un ambiente, di una cosa imprevista e di tutto ciò che implica la parola "caso", aveva assunto un andamento rapsodico, puro e semplice.
è troppo tardi, dicevo tra me incessantemente, con disperazione.
quando finalmente ebbe fine questa maniera di sentire, che mi era sembrata eterna ma che certamente era durata solo qualche minuto, e quando credetti di potermi immergere nella beatitudine orientale e psichedelica che consegue a quella prima fase furibonda, mi ricordai che dovevo passare da lei a prendere i bambini. e già mi vidi di fronte a lei, corretta e discreta, e ai bambini e la scuola e cazzo io in questa situazione e l'assillo di DOVERLA occultare!
e ogni dettaglio mi balzava agli occhi: lo sfarfallio del sole sui parabrezza delle auto posteggiate, e la ragazza col cagnolino, e tanti minutissimi dettagli che io potevo cogliere e gli altri no, perché io sono l'uomo-Dio e tutti gli altri dei comuni stronzissimi mortali.
ma i bambini mi attendevano, e toccava che li portassi a scuola e mia moglie mi avrebbe commiserato, perché lei era inquisitoria e bastarda.
ma io, io, sarei io riuscito - io - a nascondere la presente situazione, il fatto che avessi la sensibilità alterata dal veleno verdastro, vomitevole impiastro di lontane assonanze, sogni preclusi, volontà dissepolte e poi disperse?
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