Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
a Londra non fui sobrio, mai. e durante peregrinazioni sessuali e sollecitazioni alcoliche, attraversai la nera disperazione meditando sul vizio abissale!
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chiara partenza

Ultimo Aggiornamento: 28/12/2008 11:11
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Sesso: Femminile
16/10/2008 15:14
 
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paper., 10/10/2008 23.41:

Al era nato proprio così, con questo nome anagrafico: Al. ma i genitori, ravvedutosi nemmeno una settimana dopo la nascita del pargolo, avevano stabilito con marionettistica formalità che nessuno avrebbe dovuto permettersi di servirsene. e così, si può dire da subito, il meno esotico ma più rassicurante appellativo di Alberto assurse a nome, se non legale, quanto meno ufficile.
Alberto si rivelò un ragazzo timido, ma i suoi impacci furono ampiamente compensati dal suo esteriore femmineo e succulento. le donne, specie se non giovanissime, andavano pazze per lui. quando prese a curarsi l'aspetto, divenne semplicemente irresistible: la pelle diafana femminea, i capelli biondissimi, lucenti e a boccoli, la statura da granatiere ma mitigata da una corporatura tutto sommato esile, i modi distinti, la parlata secca, sintetica, corretta e morbida nella voce.

Alberto amava anche gli uomini. la scoperta della sua bisessualità fu come un fulmine a ciel sereno per lui, per i genitori, per noi tutti. lui non ne fece mistero. però, ben presto, si incupì. lo preoccupava la mutazione cui i suoi appetiti sessuali parevano andare soggetti: sempre di meno desiderava le morbide soft machine, sempre più sbavava per il ruvido atletismo dei "fusti".

"respingo la mia alterità" ebbe a dirmi.
"è tutto troppo complicato" spiegando.

cominciò la discesa. cercava le donne, ma la sua bellezza non era sufficiente. la percezione di un piano diverso inibiva ogni sbocco concreto: non rimediò che disastri. l'intoppo poteva manifestarsi all'inizio, oppure dopo una breve frequentazione, oppure dopo una sottospecie di storia. ma l'esito era quello, ogni volta. il fatto è che lui non se ne rammaricava abbastanza, e la volta dopo la sua tattica distaccata e svogliata, non mutando, portava al medesimo vacuo risultato.

i suoi genitori lo pressavano.

non trovava un lavoro, non cercandolo.

mi chiese di partire. voleva partire. conosceva il mio modus vivendi. sapeva che ero un senza patria. venne da me un pomeriggio domenicale. ossevava i miei libri, i dischi. non parlava.
già era un mistero come fosse riuscito a scovarmi. mi ero fatto coinvolgere in una brutta storia di gelosie e reciproci rancori, rotto un polso, perdutamente innamorato di una donna che mi aveva trattato malissimo, mia madre si era rotta un piede. alla fine avevo deciso di restarle vicino e, sobbarcandomi della pesante immobilità del suo corpo debordante, mi trasferii al piano terreno della casa di campagna di Omar, che altri non era se non il mio munifico agente letterario, oltre che amico e socio in affari del mio fratellone, editore e affarista. senza dire niente a nessuno, senza preavvisare nessuno.

la domenica che piombò da me la mia disposizione d'animo era eufemisticamente provata. mia madre non stava bene, non camminando aveva mille richieste. dal fondo della casa invocava il mio nome per ogni nonnulla, sciorinava i suoi decennali mali imaginari, parlava direttamente con Dio. sul suo comodino le scatole delle medicine che si faceva ordinare con disarmante determinazione si accatastavano, la padella delle urine emanava cattivo odore, e per soprammercato si era fitta in testa che neppure io stessi bene. mi vedeva gonfio, prossimo all'implosione.
quando sentenziava quel suo:
"tu non stai bene", detto con un misto di rabbia acidula e supponenza stentorea, diventavo furibondo, bestemmiando a più non posso e passando dalla sigaretta al whishy e viceversa con deleteria disinvoltura.

così Alberto mi chiedeva di partire. il succo era quello, per quanto il costrutto del suo discorso non fosse altro se non una sequenza di annotazioni smozzicate che andavano da una chiosa libraria o discografica ad una meteorologica oppure filosofica oppure minimale e infine accentrando la sua attenzione sull'interpretazione degli alti lai che mia madre, avendo percepito la presenza di un ospite, aveva raddoppiato di intensità.
"voglio bene a tua madre" disse Al.
"dici?"
"andiamo da lei"
"neanche per idea" ribattei io. se ci andiamo è finita e ti dovrei congedare. calciai la porta della stanza, che si accostò, e accostandosi le invocazioni di mia madre si fecero di ovatta.

Al avevo preso a blandirmi:
"tu sai sempre prima le cose"
"non si pùò tentare di resistere a dispetto dei santi" spiegò
"mhm " feci "non ricordo di avere mai detto una simile stronzata"
"ossia?"
"senti Al, e scusami se mi permetto di chiamarti sbrigativamente così, ma credo ti sarai reso conto che la mia situazione è, per così dire, ancorata. se ti sei immaginato che potessi partire con te, se credevi, o ti hanno riferito, che il senso della mia vita non sia che un perenne rimorchiamento lungo percorsi stellati, bevendo, scarpinando, vivendo negli angoli, cantando alla luna o pisciando come i cani - bè, non è così, non è mai stato così, e chi ti ha convinto di questo è mio nemico. malevolo, invidioso e testa di cazzo."

Al mica si arrendeva.

voleva partire. si era convinto che potessi aiutarlo e non mollava la presa.
gli avevo dato da bere. beveva malissimo. non aveva mai bevuto. cazzo non sapeva bere.
l'alcol lo rendeva loquace. diceva di amarmi. che ero un bel fusto. straparlava. e mia madre piangeva, desolata. la sentivo al di là della porta.

"senti, ti porto in un posto" gli dissi.




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Un'unica annotazione abbreverei morbide soft machine a soft machine, tanto morbide e soft è la stessa cosa.
Attento alle lettere dimenticate qua e là.
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