a Londra non fui sobrio, mai. e durante peregrinazioni sessuali e sollecitazioni alcoliche, attraversai la nera disperazione meditando sul vizio abissale!
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De otio

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 19:00
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Sesso: Femminile
04/11/2008 11:10
 
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II. Ora ti dimostrerò che io non mi allontano dagl'insegnamenti della scuola stoica, come non se ne sono allontanati neppure i suoi discepoli; ma anche se seguissi gli esempi di questi, invece che i precetti dei maestri, sarei più che scusato. E te lo proverò dicendoti due sole cose, prima di tutto che ci si può dedicare interamente alla contemplazione del vero fin dalla fanciullezza, cercando una propria norma di vita e praticandola nell'isolamento, in secondo luogo che si può fare altrettanto e a buon diritto anche dopo essersi concretamente impegnati nella sfera sociale e quando ormai la vita volge al suo tramonto, passando ad altri il testimone, cioè la cura delle cose pratiche, come fanno, ad esempio, le Vestali, che si dividono i compiti secondo l'età, per cui prima imparano a compiere i sacri riti e poi, finito il tirocinio, si dedicano all'insegnamento.

III. Ciò, del resto, è conforme alla dottrina stoica, e te lo dimostrerò, non perché qualche scrupolo mi vieti di andar contro i precetti di Zenone o di Crisippo, ma perché è proprio l'argomento stesso che mi trova d'accordo con loro due:
quando si segue il parere di un solo non si è più in un senato, fra gente libera, indipendente, ma in una fazione, in una corrente di partito. Magari sapessimo già tutto e la verità fosse così palese e incontestabile da mantenerci sempre nella stessa opinione! Noi ricerchiamo il.verQ insieme ai nostri maestri, che non ne sono i depositari unici ed infallibili. Quanto alla vita meditativa, la scuola stoica e l'epicurea la pensano in modo diametralmente opposto e tuttavia, seppure per strade diverse, conducono entrambe a quel fine. Epicuro dice: "Il saggio non partecipi alla vita pubblica, se non costretto da qualche accidente". Zenone, invece: "Il saggio partecipi alla vita pubblica, se non vi sia qualcosa che glielo impedisca". L'uno sostiene l'isolamento come principio, l'altro come evenienza. E questa
compatta o discontinua, con degli spazi vuoti che si frammettono al pieno; e, ancora, dove risieda Dio, se Egli muova la sua creazione e se ne prenda cura o si limiti a contemplarla, se ne sia fuori e l'abbracci, diffuso intorno ad essa, o la compenetri tutta, se il mondo, infine, sia eterno o si debba piuttosto annoverano fra le cose caduche e temporanee. Chi guarda a tutto questo rende un servizio a Dio: testimonia infatti l'opera sua. Noi diciamo che il sommo bene è vivere secondo natura, e la nostra natura ha due facce, una rivolta alla contemplazione e l'altra, invece, all'azione.
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