su Damo

scrivevo al bar aspettando una ragazza che poi non arrivò. il barista era un gran puttaniere che dalla sua non aveva la freschezza, avendo 65 anni.
il barista mi narrò tutte le sue avventure e io decisi di raccoglierle in un libro e questo libro avrebbe dovuto aprirsi con un'invocazione. ma l'invocazione, Ode a Damo, divenne una cosa a sè stante, trabordò. lasciai perdere il progetto del libro sul puttaniere e mi concentrai sull'invocazione.
l'intitolai Ode a Damo e altri viaggi ma una volta terminato mi resi conto che era un libro visionario per non dire drogato e che non sarebbe stato assolutamente vendibile e nemmeno proponibile.
in questo mio fratello fu durissimo.
così decisi che quello sarebbe stato il mio libro. si sa che se uno dice di scrivere per se stesso non fa altro che esercitare l'arte del non sense. ma io mi proposi di fare sul serio: l'Ode non sarebbe stata di nessun altro che mia.
come quando mi chiudevo in una stanza da solo o con Vinci o con qualcun altro cercando altri viaggi.

mi era scappato...
ora, come l'ode a damo potesse essere l'incipit su un libro incentrato su un puttaniere...continua a sfuggurmi.
forse, anche se non si scrive per sè stessi, ma probabilmente basta un gioco di intonazione e diventa universalmente vero, si scrive qualcosa che chiede d'essere scritto e non ciò che si vuole...

ma l'Ode non doveva costituire un incipit. nelle mie ingenue intenzioni doveva mitigare la crudezza del romanzo volando al cielo stellato dei Santi e dei Cherubini. per Ode intendo l'Ode a Damo, perchè il complesso di Ode a Damo e altri viaggi così angelico non risultava, tutt'altro. in particolare la sezione seconda è quanto di più morbosamente paranoico abbia mai scritto.

a me non sembra angelica affatto...
facevo un discorso stile. ma è un mio limite: penso a bukowski e non a Roth immaginando storie di bar e sesso

alla vigilia di un intervento chirurgico che poteva risultare fatale sfogliai i miei appunti picareschi li richiusi e mi dissi: è meglio affidare l'anima a Dio. meglio pregare. benchè la mia adolescenza sia stata infiorata da sporadici fatti parrocchiani il concetto che ho sempre (sin da bambino) serbato sul fatto religioso è quello di una profonda miscredenza - per cui le mie invocazioni non potevano indirizzarsi se non al cospetto dei "Sempiterni Eroi" e non del Dio cristianamente inteso